Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
La pellicola, basata sulla commedia teatrale scritta e diretta da Cristina Comencini, mostra due generazioni di donne a confronto. La prima, ingenua e borghese, rispecchia in pieno gli anni Sessanta. L’altra, instabile e consapevole, quella degli degli anni Novanta.
Un esperimento coraggioso, l’aver portato sullo schermo una pièce teatrale a tutti gli effetti, con i rischi che un cambio di medium comporta in questi casi. Netta la divisione del film in due parti, anche se Le quattro madri (Buy, Massironi, Ferrari e Cortellesi) e le quattro figlie (Pandolfi, Crescentini, Melillo e Rohrwacher), nonostante i tempi diversi in cui vivono, si trovano alle prese con gli stessi problemi. O meglio, con l’evoluzione (o involuzione?) di questi.
Non ci sono uomini nel film, ma si parla (quasi) sempre di loro. Il disordine amoroso, la precarietà degli affetti o il desiderio di maternità si riflettono negli occhi delle otto attrici (Cortellesi, Pandolfi e Rohrwacher le più brave). Ben scritto, Due partite sente la mancanza di quel tocco in più per essere un gran film e non semplicemente un film tratto da una buona pièce.
Voto 6
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