Ponyo sulla scogliera

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Un grande film è tale quando lo si guarda dimenticandosi di essere davanti a uno schermo. Questo, Hayao Miyazaki lo sa bene. I suoi lungometraggi ci portano in altri mondi da quasi trent’anni, abbattendo ogni possibile barriera tra film per bambini e film per adulti. Tuttavia, è sempre un immenso piacere quando il regista si dedica a un progetto pensato per i più piccoli: proprio come il suo capolavoro Il mio vicino Totoro, Ponyo sulla scogliera esprime appieno il lato più dolce e delicato della poetica di Miyazaki.



La storia è quella di Ponyo, pesciolina rossa che vuole diventare una bambina. Per questo apre un varco tra il suo mondo, magico, e quello di Sosuke, il bambino che la trova un giorno sulla scogliera e decide di diventare suo amico. Miyazaki propone tutti i temi che gli sono più cari, a partire dalla questione ambientale per proseguire con la speranza nei confronti del futuro. Si trova anche tutto il suo amore per la forza delle donne, il valore delle promesse, la curiosità che rende vivi, e un’esplosione di colori e suggestioni visive senza eguali. Stilisticamente, il film si discosta dagli ultimi lavori del regista, con tinte pastello e sfondi delicati. La bellezza del mondo sommerso diventa ancora più spettacolare quando si incontra con la terraferma, per uno dei risultati artisticamente più alti della storia dello Studio Ghibli.

Si guarda Ponyo e si provano tutte quelle sensazioni che vive un bambino quando ascolta la più bella delle favole: meraviglia, tristezza, felicità, incanto. E quando la favola è finita, si ha tanta voglia di riascoltarla dall’inizio. L’abbondanza di piani narrativi e strati di lettura regalano a questa opera una complessità che non ci sorprende, vista la firma che porta. Quello che colpisce è il profondo senso del bello che permea ogni fotogramma del film. Tanto bello, da essere commovente anche solo per questo.

Voto 9

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Francesco Bernacchio

Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.

2 Comments

  1. marco 22 marzo 2009 at 00:01

    Una bellissima recensione.

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