Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Louis Salinger (Un Clive Owen mai così spettinato) è un agente dell’Interpol. Insieme con il vice procuratore Eleanor Whitman (Naomi Watts) si mette sulle tracce di un influente banchiere coinvolto in un traffico internazionale di armi. La scelta di sostituire la tradizionale figura del “cattivo” di turno con una banca
l’abbiamo apprezzata, insieme ad altri aspetti del film. Un cast di attori validi (anche se non brillanti), una regia puntuale e virtuosa e il fatto che, per varietà di location, si pone secondo solo alla saga di Bond.
Il mondo che è presentato in The International è ormai senza speranza, corrotto fino al midollo, con ideali quali giustizia e lealtà che faticano a trovare un posto in cui attecchire. Il personaggio di Clive Owen si fa portatore di questi ideali, eroe d’altri tempi che stona in un universo tanto vile. Vengono in mente i thriller anni settanta, costruiti con un tipo di linguaggio che credevamo ormai superato. Situazioni complesse, personaggi privi di senso dell’umorismo (le battute con un pizzico di ironia si contano sulle dita di una mano) e un protagonista senza vita privata non fanno certo bene alla pellicola.
Il film, poi, ha una chicca (?). La partecipazione del nostro Luca Barbareschi nei panni di candidato leader di un partito di destra. Ogni riferimento, naturalmente, è del tutto casuale.
Voto 5
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