Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Il cinema ha decisamente fretta di far crescere Harry Potter: e non è solamente colpa dell’ormai conclamata post pubertà dei protagonisti, magicamente ancora credibili come adolescenti (“Devi iniziare a raderti”, dice a un tratto un canuto Silente al maghetto). Ormai da un paio di film a questa parte, il versante cinematografico della saga made in Rowling è ossessionato dal lato più gotico della storia, come se il mondo fiabesco di Hogwarts non fosse sufficiente a tenere incollati gli spettatori allo schermo. Se tutto ciò appariva forzato nel Calice di fuoco e soprattutto nel mediocre L’Ordine della Fenice, arriva alle estreme conseguenze in questo sesto capitolo: il regista David Yates (al secondo mandato) dà sfogo ad ambizioni horror, insieme con lo sceneggiatore Steve Kloves. L’unica differenza è che stavolta sono stati autorizzati dal testo originale di J.K. Rowling, che nel libro le aveva pensate tutte: possessioni, zombi, incendi e Mangiamorte più cattivi che mai (semplicemente eccezionale Helena Bonham Carter, ma del resto tutto il cast è a livelli ottimi).
Assolutamente incomprensibile per chi non abbia visto o letto gli altri episodi, Il principe mezzosangue formato film è un vero e proprio capitolo di passaggio, proteso a preparare la strada al gran finale che verrà diviso in due uscite in sala. E così ci troviamo in una situazione d’emergenza, dove Voldemort inizia a gettare le sue spire anche fuori dal Mondo Magico. Harry Potter e amici sono braccati dai Mangiamorte, ma nel frattempo il maghetto fa una scoperta vitale: sembra che il suo perfido antagonista sia riuscito a dividere la propria anima in sette parti per sopravvivere al proprio corpo, e le abbia racchiuse in altrettanti oggetti ben nascosti. Ne rimangono cinque da trovare, e a lui e al preside Albus Silente non resta che iniziare la ricerca. Intanto, Severus Piton continua il suo gioco ambiguo: il professore, da sempre ostile a Harry, sembra essere dalla parte di Voldemort. E a un tratto, il dubbio pare dissolversi in un’immane tragedia per tutta Hogwarts.
Prima le buone notizie: Il principe mezzosangue è probabilmente il film visivamente più ispirato della saga, forse secondo solo all’incanto creato da Chris Columbus con il primo episodio. Gli effetti speciali sono al servizio di un mondo in decadenza che viene reso alla perfezione. Dispiace solo che non ci siano grandi scene d’azione, e che la sensazione di guerra che esplode sia stata tralasciata a favore di spiegazioni e riassuntoni narrativi. Il materiale da raccontare risulta per forza di cose compresso, spesso in modo un po’ ingenuo e tagliando importanti passaggi del libro. Ma Yates ha risolto molti dei problemi che avevano reso il film precedente una delusione. Apprezzabile anche la decisione di alleggerire l’atmosfera con momenti di ironia, e soprattutto con la scoperta dell’amore da parte dei ragazzi della scuola magica. Peccato che la parte soap opera sia stata realizzata in modo maldestro e un po’ affrettato: sarebbe potuta essere uno dei punti forti. A parte questo, e a parte alcuni problemi di ritmo narrativo, è impossibile restare delusi dal sesto Harry Potter: Yates ha imparato la lezione. Non ci resta che aspettarci grandi cose dalla parte conclusiva della saga, che di certo avrà bisogno di qualcosa in più che un incantesimo Confundus per ottenere l’agognato Oscar.
Voto 7
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
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