Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Christine Brown è in ballo per un’importante promozione nella banca in cui lavora. Quando si trova a dover rifiutare all’anziana signora Ganush la proroga di un prestito che permetterebbe alla donna di continuare a rimanere nella casa in cui vive, le cose per Christine iniziano a cambiare. La signora Ganush le lancia una maledizione che la porterà dritta all’inferno.
Finalmente Sam Raimi, dopo essere stato rapito dal vortice del kolossal supereroistico Spider-Man, torna al suo primo amore, l’horror. Il progetto di Drag Me To Hell risale a più di dieci anni fa, e il regista aveva iniziato a svilupparlo insieme con suo fratello Ivan. Il risultato è godibilissimo. Raimi ci catapulta nel mondo degli spiriti maligni, con personaggi ai limiti del soprannaturale (la zingara Ganush, tra tutti). La sua vena splatter non sembra affatto essersi esaurita, e in Drag Me To Hell ritroviamo tutta una serie di accorgimenti registici che avevano reso indimenticabile la trilogia de La casa. La sua tecnica si è affinata, inversamente al budget di cui ora dispone per i suoi progetti.
Quello che resta come suo marchio di fabbrica sono le idee, e la concretezza con la quale riesce a renderle credibili sul Grande Schermo. I virtuosismi registici non si contano; memorabile la scena dell’aggressione nel parcheggio, ad opera dell’inquietantefattucchiera, almeno quanto quella dell’esorcismo nel finale. A noi, il cinema di Sam Raimi, piace di più così.
Voto 8
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