Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Oops, Sacha Baron Cohen l’ha fatto di nuovo. Dopo il fenomeno Borat, il comico più fuori di testa del mondo ha deciso di riportare sullo schermo il suo mix tra mockumentary e candid camera con Brüno, un giornalista gay della TV austriaca che, avendo perso il proprio “it factor” in patria, decide di emigrare in California e inseguire il mito del successo planetario. Quello che farà per riuscirci ha dell’incredibile: comprerà un bambino in Africa, tenterà di diventare etero grazie a Gesù, proverà a sedurre un politico per finire in un sex tape. Il film è una carrellata di scene surreali, spesso riprese sotto gli occhi di ignari comprimari vittime di uno scherzo ripreso dalla telecamera.
Se in Borat tutto ciò funzionava con una carica innovativa dirompente, qui Sacha Baron Cohen gioca a un gioco già visto, che finisce per far ridere solamente grazie alla demenzialità estrema della sua comicità. L’autore è diventato il profeta della volgarità intelligente: in Brüno non c’è nulla di sottile, e il film non risparmia nessuno, dai gay agli etero, finendo per ritrarre impietosamente la società tutta. C’è qualche dubbio sull’effettiva accoglienza che una pellicola del genere possa avere in Italia, dove ridere con i gay è ben altra cosa che ridere dei gay. A parte questo, il gioco non è più nuovo ma decisamente divertente.
Voto 6
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
Dopo Borat, Sacha Baron Cohen diventa un gay austriaco d’assalto con l’ossessione per la fama.
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