MIA Market 2019: la quinta edizione sarà dal 16 al 20 ottobre
— 2 giugno 2019Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
I due fratelli di Minneapolis sono venuti al Festival di Roma a presentare il loro ultimo lavoro, A Serious Man, in anteprima europea. Il duo torna, dopo gli Oscar vinti per Non è un paese per vecchi (film, regia, sceneggiatura non originale e attore non protagonista), a perlustrare uno spicchio di umanità americana: la comunità ebraica del Mid-West degli anni Sessanta.
Larry Gopnik è un professore di fisica, un uomo semplice con molti guai. La moglie gli preferisce Sy Ableman e vuole un divorzio rituale per risposarsi nella fede. Ha un figlio che fuma spinelli e ascolta i Jefferson Airplane in attesa di celebrare il suo Bar mitzvah (il momento in cui un bambino ebreo raggiunge l’età della maturità), e una figlia che non fa altro che lavarsi i capelli e rubargli denaro per rifarsi il naso. A rendere ancora più scricchiolante questo allegro quadretto familiare, c’è il fratello di Larry, che dorme sul divano e gioca d’azzardo, e uno dei suoi studenti che lo corrompe con del denaro, minacciandolo di diffamazione. A Larry non rimane altro che rivolgersi ai rabbini, per cercare di interpretare questi eventi che lo attanagliano.
A Serious Man è un film fuori dai canoni, che spiazza, diverte, fa riflettere e rattrista. Un film in puro stile Coen, che col passare del tempo sembrano prediligere vicende piccole e apparentemente comuni, per avere il gusto di destrutturarle e renderle speciali, imprimendogli il loro punto di vista. I due registi/sceneggiatori, durante l’incontro con la stampa, hanno parlato del film e delle influenze da cui è nato. Con loro, il protagonista Michael Stuhlbarg, attore di teatro nel suo primo ruolo cinematografico.
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Joel Coen: Sicuramente. Il film è girato nell’epoca e nei luoghi in cui siamo cresciuti, però va detto che la storia in sé non è autobiografica. I personaggi, in sostanza, sono tutti frutto di finzione.
Michael Stuhlbarg: Quando Joel mi ha contattato ho riletto tutto il copione e gli ho fatto tante domande. Sia lui che Ethan hanno dato una risposta a praticamente tutto quello che chiedevo. Quando non sapevano come rispondermi mi hanno detto: inventa! Quando sul set prendevo una direzione sbagliata, molto gentilmente mi indirizzavano verso ciò che volevano. Dunque mi sono trovato bene…
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Joel Coen: Beh è uun discorso che vale per un po’ tutti i nostri film. Come dicevamo prima sono personaggi di finzione, ma è impossibile non farsi influenzare da quello che si è vissuto. I personaggi riflettono le nostre conoscenze nel senso che sono degli ibridi tra ciò che abbiamo conosciuto e ciò che partorisce la nostra mente.
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Michael Stuhlbarg: Quando ho fatto il provino, la mia parte era tutta in Jiddish, tanto che ho pensato che si trattasse di un film tutto in Jiddish. Solo in un secondo momento ho potuto leggere anche il resto della sceneggiatura. Devo dire che ho riso molto.
Ethan Coen: E’ semplicemente una storia, nella quale si cerca il più possibile di essere veritieri, rispettando la storia e il film. Non saprei dire cos’è, credo dipenda molto dal modo in cui il pubblico interpreta quello che sta vedendo. A noi interessa solamente che funzioni!
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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