Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Il giovane e bellissimo Dorian Gray arriva nella Londra Vittoriana. Rapito dal carisma del fedifrago Lord Wotton (uno strabordante Colin Firth che si esprime quasi esclusivamente per aforismi), gli diventa amico e con lui viene risucchiato dal vortice mondano del lusso e del piacere a ogni costo. Colpito dalla bellezza di Dorian, il pittore Basil Hallward la fissa sulla tela, realizzando un magnifico ritratto del giovane. Dorian, incalzato da Lord Wotton, abbandona definitivamente la propria moralità dandosi al libertinaggio più sfrenato, tra bordelli e situazioni ai limiti del decoro, ma il suo volto non mostra alcun segno di questi eccessi. A consumarsi e insudiciarsi, è il suo ritratto, simbolo della decadenza morale della sua anima.
Direttamente da Le cronache di Narnia: Il principe di Caspian, agli abiti da damerino indossati da Dorian Gray: il giovane attore inglese Ben Barnes ce la mette tutta per sfregiare il capolavoro letterario di Oscar Wilde. Non ancora artisticamente maturo per affrontare un ruolo del genere, si limita a mostrare quelle due, massimo tre, espressioni che il suo volto gli consente. Una trasposizione non troppo fedele e neanche troppo riuscita, questa di Oliver Parker, che si arrischia di nuovo nell’impresa di adattare Wilde per lo schermo (dopo i tentativi decisamente più riusciti di Un marito ideale e L’importanza di chiamarsi Ernesto). Il suo Dorian Gray non ha nulla dell’eroe romantico catapultato nel contesto dell’Inghilterra Vittoriana di Wilde. Viene trasformato in un ragazzo viziato e nevrotico che ha il solo scopo di stupire, esibendo una vita invidiata e inimitabile e vendendo la propria anima a un “diavolo” troppo presente e poco velato.
Voto 4
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Il dandy più celebre della letteratura inglese, tramutato in un semplice demistificatore della moralità.
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