Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Mark (Colin Farrell) e David, due esperti fotoreporter, partono come corrispondenti per il Kurdistan. Mark, che fa questo lavoro ormai da anni, spera di scattare la foto che gli cambierà la vita. L’ambizione lo avvicina alle più crude scene di guerra mentre David, stanco, decide di ritornare a casa dalla moglie incinta. Quando Mark, ferito, farà rientro in Irlanda e apprenderà della scoparsa di David, cadrà in un preoccupante stato depressivo che gli impedisce di camminare. Elena, la sua fidanzata (Paz Vega) chiederà aiuto a suo nonno (Christopher Lee), ex psichiatra di traumi bellici, per aiutare Mark a capire cosa sia realmente accaduto in Kurdistan.
Con il termine francese Triage si intende il sistema di smistamento utilizzato al pronto soccorso per attribuire la priorità di cure ai pazienti. Nelle zone di guerra che visita Mark, il medico dell’ospedale da campo che gli salva la vita utilizza solo due cartellini colorati che posa di volta in volta sul ventre dei pazienti: quello giallo indica guarigione, quello blu, la morte certa. Il regista bosniaco di No Man’s Land torna ad ambientare una delle sue storie in terribili contesti di guerra che fanno da sfondo. Con Triage separa distintamente le scene del Kurdistan da quelle ambientate a Dublino, città in cui i protagonisti vivono. Risulta così ancor più evidente lo straniamento in cui si trova Mark quando torna a casa da Elena. Tanovi? trova anche il modo di farcire la vicenda già così cruda, con considerazioni sul ruolo dei media e sulle responsabilità occidentali riguardo ai conflitti che attanagliano il mondo, con il rischio, però, di mettere troppa carne al fuoco. Confeziona comunque un film difficile e duro da mandar giù, in cui la riflessione profonda sulla vita e sulla morte viene rivelata continuamente e in modo toccante e profondo.
Voto 7
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