Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
La fitta schiera di personaggi grotteschi nati dalla mente dei fratelli Coen si arricchisce di un volto nuovo, quello di Larry Gopnik, un uomo serio. Professore di fisica ebreo, è il simbolo della medietà: vive la sua esistenza nella Minneapolis del 1967, convinto di essere a capo di una famiglia per bene. Mai convinzione fu più errata: Larry si trova presto a combattere con una serie di sventurati avvenimenti che lo travolgeranno in tutta la sua debolezza. Dal tradimento della moglie, che gli preferisce un anziano collega, al ricatto a cui viene sottoposto da uno dei suoi studenti. Al povero Larry non resta che rivolgersi a tre rabbini, per cercare di dare un senso a tutto quello che gli sta accadendo.
Continua la tradizione coeniana di voler raccontare le gesta di personaggi qualunque, meglio se di quelli che si lasciano trascinare dagli eventi (basti pensare al Drugo Lebowski o al barbiere de L’uomo che non c’era). Il film si apre con una frase che suona quasi minacciosa ” Accetta con semplicità tutto ciò che ti accade”, e con un prologo in Yiddish (lingua parlata dagli ebrei originari dell’Europa orientale) ambientato in un villaggio sperduto della Polonia, in un passato non meglio identificato. Nell’inquadratura successiva, ci troviamo catapultati nel Mid West, con un auricolare che suona Somebody To Love nell’orecchio di uno studente ebreo.
Amaramente divertente e drammaticamente sarcastico, A Serious Man si fa portavoce di messaggi chiari e inequivocabili, andando a scavare nell’apparente tranquillità delle case color pastello e dei giardini con le staccionate sempre dipinte di fresco, in cerca di qualcosa di marcio e corrotto. I Coen ci offrono uno scorcio di ebraismo completamente diverso da quello che siamo abituati a vedere al cinema (il primo nome che ci viene in mente è quello di Woody Allen), con tutto quello che comporta l’essere ebrei osservanti un un’America alla vigilia del ’68.
I meccanismi narrativi perfetti e le contraddizioni di cui vive questo film, tra un brano dei Jefferson Airplane e un Bar Mitzvah, fanno il resto, dando modo ai Coen di realizzare il loro film più duro, impietoso e personale.
Voto 8
Qui trovate le videointerviste a Joel ed Ethan Coen, venuti a presentare il film al Festival di Roma.
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Risate e pessimismo nell’ultima, divertente e caustica commedia dei fratelli Coen sul mondo ebraico.
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