Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Giovanni Veronesi continua il suo ciclo di manuali. Dopo l’amore e gli italiani all’estero, eccolo gettare il proprio occhio caustico sulle famiglie e sul rapporto tra genitori e figli. Sfortunatamente, Veronesi non riesce a scongiurare del tutto l’effetto cartolina del film destinato ai grandi incassi, regalandoci un punto di vista decisamente generico e superficiale, a tratti sicuramente gradevole.
Il film è strutturato in due episodi, con un perno che li tiene in piedi: in uno si chiama Orlando, nell’altro Placido. A raccontare le loro sventure all’interno del nucleo familiare è la voce di un’adolescente, Nina, che vede le vicende attraverso un compito scolastico. E’ lo stratagemma narrativo più vecchio del mondo, e soprattutto è tremendamente caro alla commedia italiana, ma in questo modo Veronesi riesce a presentare le sue storie senza farle accavallare e assicurando due ore di assoluto intrattenimento.
I luoghi comuni sono abbondanti, nonché assolutamente voluti. Il tutto sa ancora di quel cinema italiano che ha improvvisamente scoperto la quotidianità, e che può mostrarsi al pubblico come se fosse un gigantesco specchio in sedici noni. Non c’è più bisogno di racchiudere storie quotidiane in cornici pretenziose, ma è pur vero che questa linearità svilisce l’esistenza di tutti i giorni semplificandola e rendendola fin troppo scontata. Il cinema può essere decisamente facile e gradevole allo stesso tempo, ma avrebbe anche il dovere di offrire un punto di vista altro rispetto alla realtà banalizzata.
Voto 6
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