Torniamo a parlare degli occhiali 3D, dopo la recente polemica sulle mancate norme igieniche di questo strumento, per un fatto di cronaca avvenuto pochi giorni fa. Una bambina di tre anni ha riportato una fortissima infiammazione all’occhio sinistro dopo aver visto Alice in Wonderland al cinema Plinius di Milano, con gli occhiali 3D. A qualche ora di distanza dalla visione, la bimba ha iniziato ad accusare fastidio ad un occhio, che nel frattempo si era gonfiato. Il medico di pronto soccorso ha refertato un’infiammazione acuta e somministrato una pomata cortisonica.
Naturalmente l’episodio ha avuto una certa eco, e ora il Codacons ha annunciato una causa giudiziaria nei confronti della sala milanese. Nel frattempo si è mosso anche il Consiglio Superiore di Sanità, che attraverso il Ministero della Salute sta rendendo noto il proprio parere in merito all’accaduto. Il Consiglio si è espresso raccomandando un limitato utilizzo degli occhiali 3D per gli adulti, sconsigliandolo del tutto per i bambini con meno di sei anni. “Non sussistono controindicazioni cliniche all’utilizzo degli occhiali 3D per la visione di spettacoli cinematografici, purché condizionato a moderati periodi di tempo, da programmare prevedendo l’interruzione della proiezione del filmato proporzionalmente alla sua durata complessiva”, si legge nel documento diffuso ieri. Un no secco, dunque,ai film di tre ore e più (Avatar), che molte sale proiettano senza interruzione tra primo e secondo tempo.
Allarmismi a parte, sempre nello stesso documento viene sottolineato quanto sia naturale che “qualche disturbo di ordine funzionale, senza determinare danni o patologie irreversibili, possa insorgere in soggetti di tenera età, sia perché ancora la visione binoculare non è presente o non è del tutto consolidata, sia perché essi possono essere affetti da strabismo o da ambliopia o da altro difetto visivo (diagnosticato o meno), sia perché possono trovarsi in fase di riabilitazione del visus“.
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