Happy Family

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Tratto dall’omonima commedia di Alessandro Genovesi andata in scena al Teatro dell’Elfo di Milano, Happy Family sbarca sul Grande Schermo. Ezio (Fabio De Luigi) sta lavorando alla sceneggiatura di una commedia, che si chiama appunto  Happy Family. La sua frustrazione lo porta a inventare il racconto di due famiglie milanesi, una più elitaria (i cui genitori sono interpretati da Fabrizio Bentivoglio e Margherita Buy) e l’altra più semplice (capitanata da Carla Signoris e Diego Abatantuono). Due universi sociali separati, che si scontrano perché i rispettivi figli minori, i sedicenni Filippo e Marta, decidono improvvisamente di sposarsi. Per un banale incidente, anche Ezio finisce per incontrare i suoi personaggi, ritrovandosi a cena con loro in un surrogato di folle realtà.



A Gabriele Salvatores va sicuramente riconosciuto un grande merito, quello di essersi cimentato con coraggio nei progetti più vari e meno battuti dal cinema italiano. E’ sempre stato uno sperimentatore sui generis, senza però dimenticarsi di buttare un occhio a ciò che chiede il mercato. Con Happy Family questa tradizione continua, portando sullo schermo una commedia colorata, ma allo stesso tempo piena di risvolti tragici in una Milano surreale e costantemente assolata che è un perfetto non luogo. Così Salvatores coglie lo spettatore di sorpresa ancora una volta, mettendo in piazza i trucchi che servono a far risaltare il meccanismo di finzione della rappresentazione cinematografica, con i suoi personaggi (che non sono in cerca d’autore) che si rivolgono direttamente allo spettatore, guardando dritti nella macchina da presa. La quarta parete è definitivamente svanita.

Salvatores anche in questa occasione è alla ricerca di qualcosa di diverso, con un film che è tutto una grande bugia in costante bilico tra il vero e l’illusorio. Da sempre affascinato dall’idea di un cinema contaminato da altri media (pensate a Nirvana, dove Diego Abatantuono era il protagonista di un videogioco), in Happy Family ruba delicatamente dal teatro e dalla letteratura, condendo il tutto con squisite immagini di repertorio. Tante le soluzioni prese in prestito dal cinema di Wes Anderson (I Tenenbaum su tutti), passando in punta di piedi per I soliti sospetti di Singer. Ancora di più, Salvatores attinge a piene mani da un film dei fratelli Mazzieri, I virtuali, piccola perla caduta in quell’enorme calderone che è il dimenticatoio cinematografico. Ne I virtuali gli autori “in cerca” di personaggi erano due e non uno solo, e la torrida Milano era un’altrettanto torrida Parma. Ma alcune scene di Happy Family lo ricordano davvero molto (troppo?) da vicino. Alla fine si esce dalla sala senza aver capito bene cosa si è visto, ma non è necessario che a tutto corrisponda un nome, no?

Voto 7

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

2 Comments

  1. marcello saccani 28 marzo 2010 at 14:05

    carolina, ho visto il film. Ho letto la tu acritica, le leggo sempre. Molto puntuali. Sono andato a vedere i film che hai citato, ci sono similitudini inquietanti. Ma si può prendere spunto così da altri film? A parte questo il film non mi è onestamente piaciuto, sopratutto mi ha disturbatola recitazione così artificiale e finta…

  2. Zoe 29 marzo 2010 at 20:29

    Anche io ho visto I virtuali qualche anno fa, film davvero carino. Non ci avevo pensato, ma ora che leggo qui mi stanno tornando in ment un sacco di similitudini con happy family. Me lo riguarderò nei prossimi giorni per vedere meglio queste somiglianze.

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