Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Quarto secolo dopo Cristo: ad Alessandria d’Egitto, culla della scienza e della cultura del mondo antico, convivono cristiani, pagani ed ebrei. La giovane Ipazia (Rachel Weisz), figlia del direttore della biblioteca Teone, insegna filosofia e astronomia ad una classe di allievi di differente estrazione sociale e religiosa. Le lezioni di Ipazia sono seguite anche dal suo schiavo Davus, segretamente innamorato di lei. Ma il clima di libertà e di tolleranza che si vive ad Alessandria, viene minacciato da un crescente numero di neofiti cristiani, che ogni giorno si fronteggiano verbalmente con i pagani per le strade della città. A diffondere la parola di Dio, ci pensano i Parabolani, una sorta di setta che opera per la sottomissione del paganesimo (e del giudaismo) alla religione cristiana, e che usa ogni mezzo per raggiungere i propri scopi. Facendo leva sul fatto che ai cristiani fosse interdetto l’accesso nell’agorà e nella biblioteca, i Parabolani si fanno promotori di un attacco a questi luoghi sacri dei culti pagani, fino a far precipitare gli eventi.
Con Agorà Amenábar recupera un’importante vicenda perdutasi tra le pagine della storia, pur romanzandola molto. E fa di più. Rivolta completamente l’immagine dei cristiani, così come sono sempre stati visti nei precedenti pepla: ossia figure miti e in preghiera, spesso vittime degli eventi. I cristiani che vivevano ad Alessandria ai tempi di Ipazia non erano affatto delle pecorelle smarrite: erano fanatici e violenti, si raggruppavano in squadre che facevano proseliti bruciando le persone e malmenandole, perseguitando in egual misura sia pagani che ebrei.
L’interminabile scontro tra la pacatezza della scienza e l’irruenza di ogni fanatismo religioso, sembra essere il fulcro attorno al quale Amenábar costruisce la sua storia. Realizzato con un budget di oltre cinquanta milioni di dollari, Agorà risulta una pellicola più interessante per lo spunto da cui ha origine che per il confezionamento, decisamente troppo pulito dal punto di vista estetico. Particolarmente abile a girare le scene d’azione (e l’assalto alla biblioteca di Alessandria ne è la prova) il regista di Mare dentro si perde un po’ nell’indugiare sulle scoperte scientifiche fatte dalla sua protagonista, anche queste romanzate ma contenutisticamente troppo forzate. Il giudizio finale è di un film interessante e coraggioso, ma un po’ troppo lungo. E la certezza che ad Amenábar riescano meglio i film di genere, che neanche necessitano di budget tanto alti.
Voto 6
Qui trovate le videointerviste ad Alejandro Amenábar
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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