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— 2 giugno 2019Torna l’appuntamento per i leader dell’industria audiovisiva.
Uscirà venerdì 30 aprile nelle sale italiane, il nuovo lavoro di Silvio Soldini che questa volta racconta un amore nascosto, quello tra i due amanti Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher. Una vicenda solo apparentemente già sentita, quella di Cosa voglio di più, che il regista di Pane e tulipani porta avanti in modo credibile e coerente. La pellicola racconta la storia di Domenico, sposato e con due figli e Anna, trentenne fidanzata e apparentemente felice. Dopo il primo incontro, tra i due nasce una storia fatta di passione e desiderio, scandita dagli incontri clandestini che si incastrano in modo dirompente con la quotidianità. Cosa voglio di più è stato presentato alla stampa durante un’affollata conferenza, durante la quale abbiamo chiesto a Soldini e ai due protagonisti di raccontarci qualcosa in più su come sia nata l’idea di realizzare un’opera sia narrativamente che visivamente tanto forte.
Silvio Soldini: “Per la prima volta è stato un episodio di vita reale a far scattare l’idea del film. Una mia amica mi ha raccontato il momento che stava vivendo, la sua storia personale, e così mi è venuto in mente che volevo mettere in scena un innamoramento, una grande passione, ma in un contesto familiare, sociale, culturale molto specifico, con tutti i condizionamenti che ne derivano”.
La storia di Anna e e Domenico avrebbe potuto chiamarsi tranquillamente L’amore ai tempi della crisi…
Pierfrancesco Favino: “Per me sarebbe più giustodefinirlo La crisi al tempo dell’amore, perchè il film vuole intercettare senza retorica un ambiente sociale visto di solito in maniera pietistica, e ha una grande delicatezza nel raccontarlo. Cosa voglio di più è una storia che si compone di differenti strati, descrive le qualità diverse dell’amore e mostra come un semplice incontro possa cambiarti la vita, come esista il pericolo che alcune condizioni pratiche possano condizionare le possibilità emotive: i personaggi vivono un amore da copertina e le scene di sesso sono patinate. Nonostante i protagonisti appartengano a una classe sociale non elevata”.
A questo proposito, come avete affrontato le scene di sesso? C’è stato imbarazzo?
Pierfrancesco Favino: Da parte mia non c’è stato nessun imbarazzo, ma una disponibilità ad affrontare quello che veniva richiesto. Le scene non sono fini a se stesse, ma mostrano come gli incontri costruiscano un rapporto.
Alba Rohrwacher: Da parte mia c’è stata una totale fiducia nello sguardo del regista, una fiducia reciproca in un ambiente che rispetta i corpi: era uno sguardo che non mi ha fatto sentire giudicata in alcun modo.
Come avete costruito i vostri personaggi? Più distacco o più immedesimazione?
Alba Rohrwacher: “È stata un’esperienza totalizzante, viscerale per tutti, ed è stato faticosa raccontare quest storia. A un certo punto per me è scoccata una totale identificazione, spesso Pierfrancesco ed io discutevamo dei nostri personaggi come se parlassimo delle nostre vite e dei nostri reali problemi, eravamo i nostri personaggi anche in quella situazione”.
Pierfrancesco Favino: “Il modo che ha Silvio di dirigere ci ha permesso di entrare con grazia e meticolosità in una storia tanto violenta dal punto di vista emotivo. Per me è stato un totale abbandono, a un certo punto non si capiva se ero io a servirmi del personaggio o il contrario”.
Alba Rohrwacher: “Ma comunque c’è un distacco da mantenere: il coinvolgimento è positivo, ma è pur sempre un lavoro”.
Pierfrancesco Favino: “Bisogna mantenere un filtro quando si scava nell’intimo, nell’emotività, ma noi attori siamo abituati a farlo e poi siamo guidati dalla mano del regista”.
Silvio Soldini: “Si era creato un tale clima sul set che ci ha permesso di raccontare cose piccole e intime, una storia quotidiana che non fosse noiosa”.
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