Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Da Errol Flynn a Sean Connery, passando per Mel Brooks, Walt Disney e Kevin Costner: non si può certo dire che l’arciere più famoso di Sherwood non abbia avuto gloria e onori al cinema. E a quanto pare, la storia del bandito col pallino della ridistribuzione delle ricchezze non smette di essere fonte di ispirazione per cineasti. Ridley Scott, tuttavia, tenta di offrirci un punto di vista vagamente diverso: questa è la storia di come Robin Longstride, arciere di Re Riccardo Cuor di Leone, sia tornato in patria dopo dieci anni di crociate. E di come, per una serie di eventi guidati dal fato, sia diventato la leggenda che tutti conosciamo ancora oggi. Sostanzialmente sì: un prequel di Robin Hood. O il primo di una già ventilata, inevitabile trilogia: fate voi.
Insomma, nel film di Scott non si ruba ai ricchi per dare ai poveri, se non in rari momenti. Robin è un eroe tormentato e ignaro del suo passato, senza alcun futuro se non quello di seguire il proprio destino. Arrivato fortunosamente nella Contea di Nottingham, incontra la risolutissima Lady Marion Loxley: le porta la notizia della morte in battaglia di suo marito, ma desidera anche scoprire qualcosa in più su una misteriosa frase incisa sull’elsa della spada del deceduto. Il vecchio suocero di Marion, allora, ha una pensata: Robin può fingersi suo figlio, tornato dalla battaglia, e garantire così che le terre non vengano confiscate alla vedova. Qualcosa arriva però a minare la danza di corteggiamento tra Marion e Robin: i Francesi premono sulla scogliera britannica, lasciati passare dall’inettitudine di Re Giovanni. Robin Longstride detto Hood si fa così più condottiero (gladiatore?) che arciere, e parte alla volta della costa per sbaragliare gli invasori.
Ci sono battaglie a iosa e ricostruzioni molto accurate, in questo Robin Hood. Ridley Scott non lascia niente al caso, e anzi è quasi maniacale nell’attenzione al dettaglio. La visione d’insieme, tuttavia, restituisce una sceneggiatura instabile e gravi crolli di ritmo e credibilità. A una parte iniziale tutto sommato interessante segue quella centrale, decisamente buona. Sul finale, Scott vira completamente verso uno strano mix tra il già citato Gladiatore e Salvate il Soldato Ryan, con Russell Crowe palesemente indeciso tra essere inglese, antico romano, o semplicemente un action hero australiano. Parla poco Russell Crowe, e quasi ogni battuta è una sentenza: fortunatamente Cate Blanchett alza il livello con la solita ottima interpretazione, sebbene da sola possa poco per salvare un intreccio narrativo così discontinuo. In definitiva, si ha l’amara sensazione che questo Robin Hood sia un film a metà. Ottimi spunti, grande confezione, grandissima produzione, alcune sequenze davvero ottime. Ma purtroppo, anche parecchie idee povere al servizio di un film fin troppo ricco.
Voto 6
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
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