Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
“Tutto ciò che so l’ho imparato perché amo”. The Last Station si apre così, con questa epigrafe tratta da Guerra e pace. La pellicola, basata sull’omonimo romanzo di Jay Parini, ricostruisce tra successo pubblico e passioni private, l’ultimo anno di vita di Lev Tolstoj.
Siamo nella Russia del 1910 e il promettente Valentin Bulgakov (un bravissimo James McAvoy) viene assunto come segretario personale dello scrittore (interpretato da Christopher Plummer) per prendere momentaneamente il posto del suo discepolo Vladimir Chertkov. Valentin si trova così ad entrare nella casa di Tolstoj e ad avvicinarsi alla sua dottrina politica, di cui è un devoto seguace. Quando lo scrittore decide di devolvere tutti i suoi beni al popolo e convertirsi alla povertà e al vegetarianismo, l’equilibrio familiare viene meno. La contessa Sofya (Helen Mirren), moglie di Tolstoj, si sente mancare il terreno da sotto i piedi. Tutto questo la porterà a sostenere delle liti furibonde con il marito, che culmineranno con la fuga di quest’ultimo, costretto dalle circostanze e dal suo credo politico ad affrontare quello che sarà il suo ultimo viaggio.
Michael Hoffman, già regista della garbata commedia Un giorno per caso, questa volta si diverte a giocare con un registro narrativo che oscilla continuamente tra il comico e il drammatico. E sa che può permettersi di farlo con degli attori così: Helen Mirren e Christopher Plummer sono incredibili, come e più del solito. James McAvoy e Paul Giamatti non sono da meno. The Last Station ha l’ambizione di osservare il grande Lev Tolstoj da un punto di vista completamente diverso, più umano e meno sociale, andando a scavare a fondo nella sua psicologia di uomo, ancor prima che di autore e filosofo. Il modo in cui i suoi insegnamenti sono stati spesso fraintesi dal suo più stretto entourage e considerati delle regole rigide e immobili che non rispecchiavano affatto il pensiero dello scrittore russo, trovano nella pellicola il giusto spazio. Lontano dal dramma storico, a cui però si avvicina per i temi trattati, The Last Station convince e appassiona per un’audace vitalità che lo rende scorrevole e pieno di momenti divertenti. I litigi tra Tolstoj e la viziata contessa Sofya, così come i loro momenti di intima felicità hanno qualcosa di sbalorditivo e disarmante. La perfetta ambientazione storica e un calibrato ritmo registico impreziosiscono ancor di più quello che è senza dubbio il miglior film diretto da Michael Hoffman fino ad ora.
Voto 8
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