Mangia prega ama

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Tutto quello che non ci si aspetterebbe mai dal nuovo enfant prodige della fiction televisiva americana, Ryan Murphy, è concentrato in quasi due ore e mezza di monumento a Julia Roberts. Già autore di Nip/Tuck e del fenomeno Glee, Murphy porta sul Grande Schermo il romanzo di formazione al femminile di Elizabeth Gilbert. Un diario che l’autrice scrive durante il suo anno sabbatico in giro per il mondo: Roma, Calcutta, Bali, alla ricerca di se stessa.
La prima cosa che Liz desidera dalla vita è riscoprire l’emozione del cibo: dopo un matrimonio fallito e una relazione improbabile, molla tutto e parte per l’Italia. Trascorre qualche mese con una guida turistica (Luca Argentero) e i suoi amici, ad imparare come parlare in romanesco e ordinare una perfetta pajata al ristorante. Finito di mangiare, corre a pregare in India, dove si scontrerà con i fantasmi del passato e tenterà di perdonare se stessa per aver trascorso la vita a preoccuparsi di ciò che non era importante. Il tour termina a Bali, dove Liz verrà messa di fronte alla sfida più grande: imparare ad amare, per la prima volta davvero e incondizionatamente.



Lento, troppo lungo, troppo focalizzato sulle ansie di un personaggio che non riesce a risultarci interessante nonostante sia sovraccaricato di parole e riflessioni. Mangia prega ama vorrebbe gettare un occhio sul mondo, ma finisce per risultare un cannocchiale invertito sugli stereotipi di tutto ciò che è extra-stelle-e-strisce. Ce ne accorgiamo con il lungo episodio romano del film, dove vengono esauriti tutti i possibili cliché sull’Italia. E il sospetto, corroborato dalle immagini che scorrono sulle povertà indiane e sui bungalow da sogno in Indonesia, è che anche il resto del globo venga trattato da Murphy con l’attitudine alla cartolina facile.
Quello che ci lascia Mangia prega ama alla fine dell’estenuante visione è la storia di una donna che soffre sul nulla, un personaggio in cerca di spessore, annacquato nella difficoltà da parte dello spettatore di poter provare contrizione per chi, poverino, risolve i propri problemi facendo il giro del mondo.
Julia Roberts può senza dubbio reggere un intero film sulle proprie spalle, rimanendo uno dei talenti di Hollywood più collaudati. Tuttavia, datele in pasto una sceneggiatura debole, e neanche lei potrà farci nulla.

Voto 4

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Francesco Bernacchio

Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.

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