Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Qualcuno ha scomodato Hitchcock, per descrivere questo debutto dello spagnolo Rodrigo Cortés in salsa americana. Noi diciamo che Alfred può restare nel suo Olimpo, e semmai guardare divertito un film intelligente ma di certo non privo di difetti. Un solo attore, una sola ambientazione: un trasportatore si sveglia in una bara, sepolto chissà dove in Iraq. Chi gli ha fatto questo scherzo gli ha lasciato un cellulare e un accendino. Quando il “rapitore” lo contatta, gli chiede una cifra impossibile per pagare la propria libertà: l’uomo inizia allora un calvario burocratico, chiamando la propria azienda, l’ambasciata, l’FBI, i familiari. Chiunque possa tirarlo fuori di lì.
L’aria non finisce mai, il cellulare ha una batteria infinita, la bara è larghissima: serve un po’ di sospensione d’incredulità per osservare un’ora e mezza di telefonate senza farsi domande, ma il problema non è questo. La critica all’America, alla guerra, alle lungaggini burocartiche, è graffiante ma un po’ retorica (e scontata). Cortés delinea dei ruoli tagliati con l’accetta, dove si punta un po’ troppo al voyeurismo: come morirà il poverino sepolto vivo? L’idea originale lascia spazio a un’ora e mezza di disavventure, che però vengono interpretate bene da Reynolds, che riesce a reggere tutto il film. In sostanza, se è vero che non siamo stati colpiti dall’idea originale, Buried è comunque godibilissimo. Basta che non soffriate di claustrofobia.
Voto 6
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
Che cosa fareste se veniste sepolti vivi? Ryan Reynolds si attacca al telefonino per tutto un film.
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