Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Gorbaciof, con la f, è il soprannome di cui si fregia Marino Pacileo. Ha una vistosa voglia rossa sulla fronte, proprio come l’ex leader sovietico e fa il contabile nel carcere napoletano di Poggioreale. Trascorre le serata nello sgabuzzino di un ristorante cinese, giocando a poker a puntate di cinquecento euro ed è innamorato della giovane Lila, figlia del proprietario del locale. I suoi debiti si accumulano, e le cifre che Gorbaciof sottrae ogni tanto dalle casse del carcere non bastano più, così accetta di sbrigare un lavoro sporco che gli permetterà di pagare i suoi debiti e di prendersi cura di Lila, ma a che prezzo?
Il napoletano Stefano Incerti (L’uomo di vetro) ci propina un film che per alcuni aspetti sembra quello di un esordiente, complice una gestazione durata anni e uno stile narrativo che in alcuni momenti risulta eccessivamente asciutto. Presentato Fuori Concorso alla scorsa edizione del Festival di Venezia, Gorbaciof si regge totalmente sulle spalle di Toni Servillo, unico motivo per cui valga la pena pagare il prezzo del biglietto. Una storia tanto banale quanto prevedibile dunque, che offre però una piccola novità, mostrandoci l’attore napoletano nelle vesti di un personaggio un po’ più felice rispetto a quelli che interpreta di solito. Gorbaciof sorride, a volte, è innamorato, ed è anche corrisposto (non si tratta dell’ossessione che viveva in Le conseguenzadell’amore, ma di qualcosa di più sano). Per il resto, la sua vita è schiva e silenziosa, fatta solo di gioco e di lavoro. I dialoghi scarsi sono compensati dalle espressioni di Servillo. Così Gorbaciof più che un film vero e proprio, somiglia di più a un racconto per immagini, impregnato dell’odore e dello squallore che si respira nel quartiere attorno alla Stazione Centrale di Napoli.
Voto 5
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