Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Sarà difficile tenere lontane le bambine da questo secondo film cinematografico delle Winx. Ma se potete, seguite il nostro consiglio: fate che ad accompagnarle al cinema sia qualcun altro. Alziamo le mani di fronte a che cosa possa piacere alle più piccole di questo pastrocchio caotico senza capo né coda, un’ora e mezzo di fallimento per l’animazione made in Italy, e più generalmente il punto più basso mai toccato narrativamente da questa pur mai brillante serie. Il film ha avuto sostanzialmente l’onore di aprire il Festival Internazionale del Film di Roma, come prima pellicola in gara mostrata al pubblico durante il day one. L’evento era piuttosto importante: secondo lungometraggio tratto dalla serie TV, questo Winx Club 3D è anche il primo film d’animazione in computer grafica e da vedere in 3D che sia stato interamente realizzato in Italia. Uno sforzo produttivo mastodontico, forte del successo planetario del brand creato da Iginio Straffi.
La storia riprende i temi più cari alla serie a fumetti e a quella televisiva (che è in 2D), rendendoli (quasi) accessibili anche a chi non sappia nulla del magico mondo delle fatine alate. Fatto è che le Winx si trovano ad affrontare delle streghe cattive che vogliono dominare il mondo mettendo le grinfie sull’Albero della Vita, mentre il matrimonio di una di loro, Bloom, è messo in pericolo da un’antica maledizione. Non c’è molto altro da dire sulla trama, se non che viene sviluppata con una superficialità imbarazzante. La pochezza narrativa viene compensata da un ritmo serratissimo, che rasenta in più di un’occasione l’isteria visiva. Drogate dai colori accesissimi, da infiniti gridolini, da bang, da boom e (soprattutto) da canzoni completamente inutili che si sovrappongono ai dialoghi: è così che immaginiamo le piccole spettatrici del film, mentre qualsiasi adulto troverà insopportabile il tutto dopo neanche un quarto d’ora.
Se la serie TV doveva molto all’animazione giapponese, riprendendo il filone delle maghette e plagiando a più non posso classici quali Sailor Moon o Rayearth, qui Straffi pensa in grande e si mette a ricalcare i classici Disney. Peccato che cerchi di infilare nel calderone un po’ di tutto, regalandoci un’animazione fluida e roboante, ma oggettivamente brutta da vedere. Non solo: il 3D viene usato come mero effetto speciale, con le fatine che ammiccano continuamente allo spettatore occhialuto, uscendo dallo schermo senza alcun motivo. Dovremmo promuovere l’animazione made in Italy, e lo faremmo volentieri. Ma qui, purtroppo, ci troviamo di fronte al peggio del peggio che si possa offrire in pasto all’infanzia.
Voto 2
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
Le magiche fatine aprono il Festival di Roma, con il primo film animato in 3D made in Italy.
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