Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
“Il tempo raffredda, il tempo chiarifica; nessuno stato d’animo si può mantenere del tutto inalterato nello scorrere delle ore” (Thomas Mann). Questa frase si adatta particolarmente al modo in cui abbiamo percepito The Ward, l’ultima fatica firmata John Carpenter. Lo scorso anno la pellicola è stata presentata al Toronto Film Festival, sede in cui la critica americana l’ha fatta letteralmente a pezzettini. Il motivo di tanto accanimento, però, ci sfugge. D’accordo, questo The Ward è lontano dai capolavori precedenti di uno degli indiscussi maestri dell’horror (1997: Fuga da New York, o Il seme della follia o, ancora, La cosa), ma dopo aver lasciato la sala, la sensazione che abbiamo avuto non era certo quella di chi ha appena visto un brutto film.
La storia, ambientata negli anni Sessanta, è quella di Kristen (la bella e convincente Amber Heard), una ragazza che viene rinchiusa in un ospedale psichiatrico subito dopo aver dato fuoco a una fattoria. Ben presto Kristen scoprirà che nell’istituto si aggira una terrificante presenza che inizia a eliminare le altre pazienti. A lei spetterà il compito di risolvere il mistero prima che sia troppo tardi.
Dopo dieci anni di silenzio cinematografico (il mediocre Fantasmi da Marte è datato 2001) Carpenter è tornato, se non esattamente a ruggire, di certo neanche a fare le fusa. The Ward è un horror di ottima fattura, in cui sin dall’inizio lo spettatore percepisce di essere nelle mani di un professionista. Una sorta di angosciante rassicurazione, visto che da Carpenter ci si aspetta di tutto, e c’è ben poco da stare tranquilli.
Ma The Ward non è solo un esercizio di stile realizzato seguendo i classici dettami dell’horror. E’ un’opera che spicca per semplicità, con una trama asciutta e funzionale che punta dritta ai nervi di chi guarda. Quello che manca, in The Ward, è l’originalità, ma è strano come, guardando il film, si ha la sensazione che Carpenter quasi l’abbia rifuggita volutamente, con una spiazzante consapevolezza, come se volesse evitarla di proposito. La sua inconfondibile cifra stilistica è più che evidente nelle riprese dall’alto e dall’utilizzo dei movimenti di macchina (alcuni carrelli sono davvero memorabili) che diventano strumenti di raccordo narrativo tra una scena e l’altra. Anche il cast se la cava egregiamente: la protagonista femminile Amber Heard, semplicemente, funziona, così come le altre ragazze che si trovano in ospedale con lei. Una nota di merito va a Jared Harris, qui nei panni dello psichiatra a capo dell’istituto. Dimenticate, inoltre, la tipica recitazione un po’ sopra le righe che di solito caratterizza gli horror, in The Ward non ve n’è traccia. Insomma, Carpenter fa rigare dritti i suoi attori e la sua storia, ed è tornato per ricordarci che i mostri sono e saranno sempre dentro di noi.
Voto 7
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