Sidney Lumet: l’autore che preferiva New York a Hollywood

Di Carolina Tocci
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Per me il linguaggio è fondamentale. Ma ciò che mi entusiasma in un film non è fare una dichiarazione politica. Preferisco farla emergere dall’umanità dei personaggi. Come accade nella vita reale. (Sidney Lumet)

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Per cinquant’anni, Sidney Lumet, è riuscito a mantenere il punto. Per cinquant’anni ha diretto pellicole popolari caratterizzate da un forte impegno civile, scrutando la società con occhio critico e disincantato, denunciandone i mali. Quarantacinque i film da lui diretti (l’ultimo, un fenomenale colpo di coda risalente a quattro anni fa: Onora il padre e la madre) tra cui La parola ai giurati, Pelle di serpente, L’uomo del banco dei pegni, La collina del disonore, Serpico, Quel pomeriggio di un giorno da cani e tanti altri: ma dell’Oscar neanche l’ombra. Nel 2005 l’Academy gli riconobbe un Premio alla carriera “per lavarsi la coscienza”, scrisse il New York Times. Ma Hollywood ha sempre lasciato un po’ in disparte chi non frequenta il suo giro, e Lumet era uno di questi, affezionato com’era alla sua New York: “Le location sono uno dei personaggi dei miei film. È questa città (New York) è l’unica capace di darmi l’atmosfera e il tono che cerco”.



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Tre titoli di pellicole da lui dirette sono contenuti nella lista dei cento miglior film di tutti i tempi della American Film Institute: La parola ai giurati, Il verdetto e Serpico. Per cinque volte il suo destino si incorocia con quello del tanto agognato Oscar (“Quella statuetta la volevo, dannazione, e sentivo anche di meritarla”), ma le loro strade si sfiorano appena. Per gli attori che dirige, invece, gli Oscar arrivano (Ingrid Bergman che raggiunge quota tre per il suo ruolo in Assassinio sull’Orient Express, Peter Finch e Faye Dunaway premiati come Migliori Attori in Quinto potere, che vince l’Oscar anche per la Migliore Sceneggiatura). Lumet era il regista dei divi: davanti alla sua macchina da presa sono passati tutti i più grandi: da Marlon Brando a Henry Fonda, da Paul Newman ad Anna Magnani, da Katharine Hepburn a Sean Connery. Il fatto che tra tutti gli attori che ha diretto, ben diciassette furono nominati all’Oscar, lascia intuire quanto Lumet fosse abile ad esaltare i loro talenti al meglio. Per rendergli omaggio, abbiamo scelto tre scene emblematiche di tre film da lui diretti. Tre personaggi attraverso i quali Lumet ha puntato i riflettori su alcuni dei mali che affliggono la società contemporanea. Davis (Henry Fonda), uno dei membri della giuria de La parola ai giurati; il rapinatore Sonny Wojtowicz di Un pomeriggio di un giorno da cani (Al Pacino), e il presentatore televisivo Howard Beale di Quinto potere, Peter Finch. Il nostro modo di rendere omaggio all’autore che più di ogni altro ha saputo combattere il sistema attraverso le suggestioni e le malie del linguaggio cinematografico.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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