Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Rivisitazioni gotiche di favole classiche: perché lasciare questo filone appannaggio di Tim Burton? In realtà, questo remix di Capuccetto Rosso è decisamente ispirato alle atmosfere da tragedia amorosa care a Twilight. Trai d’union con la saga vampiresca è la regista Catherine Hardwicke, che realizzò un lavoro decisamente mediocre con il primo capitolo cinematografico della tormentata storia di Bella e Edward. Il triangolo non manca neppure qui: Valerie vive in un villaggio di montagna sul limitare di un bosco. Il villaggio è ciclicamente depredato da un lupo, col quale lei sembra essere l’unica in grado di comunicare. Innamorata dell’amico di infanzia Peter, viene però promessa in sposa a Henry. Quando però le cose precipitano e il lupo sembra incattivirsi ancora di più, Valerie viene accusata di stregoneria e deve scegliere da che parte stare: il nemico potrebbe essere chiunque, visto che l’animale è un mannaro.
Scontato, dozzinale, a tratti persino ridicolo nel voler snaturare a tutti i costi una favola cardine della nostra infanzia: Cappuccetto Rosso Sangue prende tutto il peggio di Twilight e lo trasforma in un polpettone fantasy-romantico adatto a un pubblico ingenuo e pre-adolescenziale, che resterà incantato dall’avvenenza dei protagonisti e dalla storia d’amore tormentata, appassionante come la replica di una soap-opera. Lento, trascurabile, con una buona fotografia che però si perde nel nulla cosmico della sceneggiatura: un’operazione che, pur furbetta, finisce dritta nella pancia del lupo e non merita di essere salvata da alcun cacciatore.
Voto 4
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
La mantella rossa c’è, il cestino del pranzo anche. Per il resto, Cappuccetto Rosso è molto cambiata.
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