La SIAE vuole guadagnare dai trailer

Di Carolina Tocci
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Siamo dell’opinione che, con la tecnologia che ha rivoluzionato nei modi e nei sistemi la fruizione di contenuti musicali e cinematografici, la SIAE così come si presenta oggi non abbia sufficienti motivi per esistere. Ormai è praticamente impossibile controllare le centinaia di migliaia di download di brani musicali o film da altrettanti computer, ecco perché, alla luce della rivoluzione informatica che c’è stata negli ultimi anni, bisognerebbe che i signori della SIAE si scomodassero ad adeguare il diritto d’autore (lesa maestà a chi viola le norme, praticamente ferme a quando è stata fondata, nel 1882) alle nuove tecnologie. Detto questo, da qualche giorno sul web è apparsa una notizia che ha dell’incredibile: la Società italiana auori ed editori vuole far pagare la pubblicazione dei trailer dei film su siti web, imponendo a riviste online e ai siti delle multisala, richieste di licenze come operatori di streaming, per 450 euro a trimestre. Ecco dunque il nuovo escamotage inventato dalla SIAE per battere cassa, dopo che un’altra soluzione geniale, quella delll’equo compenso (da Wikipedia: “un contributo imposto ai produttori e agli importatori di prodotti elettronici finalizzati alla riproduzione o alla registrazione di contenuti digitali come indennizzo sull’utilizzo e la copia privata delle opere protette da diritto d’autore”, praticamente un bollino su lettori mp3 e apparecchi similari, oltre che sui CD vergini) è stata ritenuta degna di bocciatura dall’Unione Europea.

Dato che i siti web e i blog di ogni genere che includono nelle proprie pagine un trailer attraggono automaticamente un numero più elevato di visitatori e trasformano la presenza di questi contenuti in un maggior traffico e in maggiori entrate da parte degli inserzionisti pubblicitari, ecco che la musica inclusa nel contributo video diventa una fonte di guadagno che, sempre secondo la SIAE, va correttamente divisa con chi ne detiene i diritti.



E così a partire dal prossimo gennaio ogni, secondo queste nuove regole stilate sulla base di un accordo tra la Società degli autori ed editori e le associazioni di produttori di cinema e spettacolo, ogni sito internet, blog, testata online (l’accordo comprende anche i siti delle sale cinematografiche) potrà pubblicare un massimo di trenta video al mese e dovrà pagare alla SIAE la somma di 450 euro a trimestre. Solo i video di durata inferiore a quarantacinque secondi saranno esenti dalla tassa, ma guardacaso la maggior parte dei trailer durano circa due minuti. Si tratta di milleottocento euro l’anno che pochi, anzi pochissimi portali possono permettersi di sborsare. Ma l’aspetto più spaventoso e contorto di tutta questa storia è che anche i caricamenti dei video sui social network diventerebbero off limits, quindi se avete un profilo su Facebook e ad esempio volete condividere sulla bacheca della vostra dolce metà lo spezzone di un film, non potrete più farlo. Partendo dal presupposto che con la diffusione del filmato si diffondono gli spezzoni musicali che solitamente accompagnano e arricchiscono un trailer, diventa legittimo chiedere a chi li diffonde il pagamento dei diritti d’autore. La SIAE, insomma, improvvisamente considera i trailer, che altro non sono che le pubblicità che devono invogliare il pubblico ad andare al cinema, delle vere e proprie opere cinematografiche e, in quanto tali, si sente di doverle “tutelare” e di impedirne la circolazione gratuita. Che bel gesto eh? Un momento, ma… qualcosa non torna. Se i trailer fino ad oggi rappresentavano una forma di pubblicità gratuita per quegli stessi artisti che la Siae sostiene di voler difendere e che invece rischiano di veder ridotta la diffusione delle loro opere, vuol dire che non ci guadagnano nemmeno loro….. Inoltre considerando che gli esercenti già pagano alla Siae i diritti musicali (DEM), pri al 2,1% sul prezzo netto del biglietto del cinema, oltre a una quota per l’eventuale musica di sottofondo tra uno spettacolo e l’altro e un’altra per i monitor presenti nell’atrio, che mentre stai lì a fare la fila per comprare il biglietto potrebbero trasmettere dei trailer con delle musiche di sottofondo e tu potresti commettere l’errore di ascoltarle.

Inutile dire che la cosa ci tocca direttamente e che, se le cose non cambieranno, anche noi di Movielicious saremo costretti a non pubblicare più trailer, clip o filmati di qualunque genere, che per un sito di cinema e gossip è una gran bella mazzata. Però, tanto per non tirare subito fuori il fazzoletto bianco da sventolare in segno di resa, è giusto che vengano a galla un po’ di altarini che riguardano questa società. Da uno studio effettuato dall’Istituto Bruno Leoni, ad esempio, è emerso che la SIAE “costa agli autori, ai discografici e ai fruitori di opere multimediali protette (quindi ai consumatori) 13,5 milioni di euro all’anno“ (Punto Informatico ne parla in un interessante articolo che aiuta a capire come negli altri paesi europei, tanto per cambiare, le cose vadano meglio anche er quanto riguarda i diritti d’autore). Inoltre è giusto che si sappia anche che nell’estate del 2006 un ispettore SIAE della provincia di Taranto si è presentato a una festa organizzata per salutare bambini di Chernobyl che avevano passato l’estate in Italia. Il motivo della sua visita dipendeva dal fatto di aver visto i piccoli cantare un canzone popolare bielorussa, insieme con altri brani italiani, e non trovando la documentazione che avvertiva la SIAE dell’esibizione, ha fatto recapitare loro una multa di duecentocinquanta euro (Qui trovate un articolo approfondito sull’argomento, pubblicato da L’Espresso). Oppure nel 2009 in provincia di Trento un gruppo di ultranovantenni che avevano organizzato di trascorrere un pomeriggio in compagnia e si sono messi a cantare dei brani popolari. Risultato: multa di una quaranta e rotti euro per non aver pagato i relativi diritti d’autore. A questo punto, come suggerisce il nome di un gruppo anti SIAE che ha aperto su Facebook, c’è da avere paura anche a fischiettare per strada o a cantare sotto la doccia. Dal canto nostro, oltre a rimanere disgustati e schifati dal fatto che in Italia sia un dinosauro ottocentesco prepotente e roboante a mantenere il monopolio del diritto d’autore, non possiamo far altro che unirci al coro di protesta che si è levato sugli altri siti e blog cinematografici nei confronti di un’istituzione che di fatto non tutela o promuove nessuno, tantomeno gli autori.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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