Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Dobbiamo ammettere di aver rivalutato Brett Ratner dopo aver visto questo film. Se Red Dragon ci aveva convinti poco o niente e X-Men: Conflitto finale men che meno, con Tower Heist il regista e produttore americano sembra essere tornanto al lavoro sul genere a lui più congeniale, l’action-comedy (divertenti, seppur demenziali, i tre Rush Hour, dove Jackie Chan e Chris Tucker nei rispettivi panni di un ispettore della polizia di Honk Kong e di un agente dell’FBI di Los Angeles, ne combinavano di tutti i colori). Tower Heist, dunque, è una sorta di ritorno alle origini per Ratner, sviluppandosi a metà strada tra la commedia e l’action-movie, pur strizzando l’occhio a un tema caldo e attuale come quello della crisi finanziaria. La storia è quella dei dipendenti di un lussuoso condominio di Central park che, dopo aver scoperto che il miliardario alloggiato nell’attico ha rubato i loro fondi pensionistici, decidono di vendicarsi. Come? Con una rapina, per riprendersi ciò che gli è stato sottratto. Josh Kovacs (Stiller), interpreta l’amministratore del lussuoso condominio, mentre Murphy veste i panni di Slide, un ladruncolo maldestro appena uscito di prigione, a cui Josh si rivolge per mettere a punto il colpo. Con loro anche Matthew Broderick nei panni di un inquilino del condominio ex agente di Wall Street ora finito sul lastrico, e Casey Affleck, il timido e impacciato portiere dello stabile. Nonostante siano un branco di dilettanti, questi ladri improvvisati conoscono l’edificio meglio di chiunque altro: il loro piano è di intrufolarsi nell’appartamento del miliardario senza scrupoli e mettere a segno un colpo da venti milioni di dollari.
Impossibile non pensare alle pellicole regine degli Heist-movie moderni, gli Ocean’s targati Soderbergh, anche se in Tower Heist la fase di messa a punto del colpo è pressoché irrisoria e ci si ritrova nel bel mezzo della rapina senza quasi accorgersene. Sembra che Ratner avesse in mente una storia sul genere de I soliti ignoti (alcune inquadrature sono dei veri e propri omaggi alla pellicola di Monicelli), ma senza tralasciare quei film di rapine tanto in voga negli anni Settanta (La pietra che scotta o Rapina record a New York, per citarne un paio). Poi c’è la finestra sul sociale, che affaccia direttamente su Wall Street e sui suoi pezzi grossi (e qui Alan Alda è perfetto nei panni del magnate senza scrupoli), abilissimi a truffare la gente comune reinvestendo i loro risparmi in affari poco chiari. Ma se la crisi finanziaria è effettivamente l’elemento scatenante di tutta la vicenda, Ratner ha il buon gusto di non volerla denunciare palesemente, mantenendo il marcio e gli indignados che campeggiano a Wall Street (a pochi isolati dalla Trump International Hotel and Tower, il grattacielo utilizzato per le riprese) solo sullo sfondo.
Con l’aiuto di uno script valido che non lascia nulla al caso, Brett Ratner costruisce un film che di originale ha ben poco e che non passerà alla storia, ma che grazie ad un cast ben calibrato (Eddie Murphy è tornato ad essere quello dei vecchi tempi; Ben Stiller è ancora una volta alle prese con il ruolo che gli riesce meglio, quello di un perdente in cerca di riscatto; Téa Leoni funziona bene nei panni della poliziotta disillusa; Gabourey Sidibe, dopo il drammatico Precious, ci mostra la sua innata verve comica nei panni di una cameriera in grado di aprire ogni tipo di cassaforte; e i già citati Matthew Broderick e Casey Affleck, due perfette spalle), vi farà trascorrere un paio d’ore piacevoli. Da segnalare alcune sequenze “acrobatiche” di forte impatto, e il ritmo che sostiene tutto il film senza mai perdere colpi.
Voto 7
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
La crisi fa l’uomo ladro. Brett Ratner ci mostra come, in compagnia di Ben Stiller ed Eddie Murphy.
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