Bel Ami: Storia di un seduttore

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Diciamolo subito senza troppi giri di parole: Bel Ami non è un bel film, ma la colpa di questo adattamento poco riuscito dell’omonimo romanzo di Guy de Maupassant non va attribuita solo a Robert Pattinson. La storia, è quella dell’ambizioso e affascinante George Duroy (Pattinson appunto), ex soldato di umili origini che nella Parigi di fine Ottocento tenta il tutto per tutto pur di farsi largo nell’alta società francese, divenendo un uomo ricco e di successo. Introdotto nel mondo dell’informazione dal facoltoso Charles Forestier (Philip Glenister), George verrà aiutato da sua moglie Madeleine Forestier (Uma Thurman), che colmerà le lacune del giovane scrivendo al suo posto gli articoli pubblicati sul sovversivo “La vie francaise”. George nel frattempo avvia un’intensa relazione clandestina con Clotilde de Marelle (Christina Ricci), per poi sposare la signora Forestier dopo la morte del marito. Ma la scalata di Duroy, soprannominato “bel ami” dalla figlia di Clotilde, non si ferma qui: le sue doti seduttive avranno la meglio anche sulla fedele e pudica Madame Rousset (Kristin Scott Thomas), ulteriore pedina di un gioco alimentato dall’ambizione e da una disperata voglia di riscatto e di potere.



Con l’adattamento di Bel Ami per il grande schermo (per l’esattezza l’undicesimo del romanzo di Maupassant, tra cinema e TV), i registi teatrali Declan Donnellan e Nick Ormerod, alla loro prima prova dietro a macchina da presa, si sono ritrovati tra le mani un compito non facile. Non solo dover mantenere alto il livello di dignità a una storia cupa, che l’autore francese scrisse quando era già malato di sifilide e nella quale è possibile scorgere una totale assenza di morale e di condanne nei confronti dei dissoluti protagonisti, ma anche voler regalare a Pattinson un nuovo personaggio di cui potersi vestire. Se i due autori  sono riusciti a tenere il primo punto, non si può dire lo stesso del secondo. Un po’ per i lunghi primi piani che indugiano sul suo volto bello sì, ma non eccessivamente espressivo, un po’ per l’alternanza del registro che vira dal comico al drammatico in un batter di ciglia, sta di fatto che per tutto il film non siamo riusciti a non pensare che Robert Pattinson in fondo sia solo l’ennesimo idolo sapientemente costruito in quel di Hollywood.

Proprio come Duroy, Pattinson è riuscito a scalare la vetta del cinema senza avere doti particolari, a parte quel bel visino intrigante, e non è un caso se né in Remember Me, né in Come l’acqua per gli elefanti siamo riusciti a vedere in lui un qualcosa di diverso dal ruolo del vampiro Edward Cullen che gli ha dato il successo.
Ma come dicevamo all’inizio, il giovane attore inglese non è l’unico colpevole per la mancata riuscita del film. Sicuramente non deve essere semplice raccontare un personaggio le cui conquiste rappresentano il trionfo della mediocrità, ma è anche vero che i due registi principianti trattano l’approccio alle vicende amorose di Bel Ami in modo quasi distaccato. L’erotismo morboso e funzionale alla narrazione delle gesta di questo Don Giovanni senza cuore di cui è intriso il romanzo, si perde del tutto nei volti e nei gesti delle tre donne concupite da Duroy e, se Christina Ricci riesce tenere ben strette le redini del suo personaggio, nulla da fare per Uma Thurman e Kristin Scott Thomas, che si sforzano di entrare in ruoli, ma soprattutto in un film, con cui non sembrano voler avere nulla a che fare.

Voto 5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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