Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Per la serie, la musica non è tutto, ecco avanzare pretenziosamente nel panorama degli autori hollywoodiani la regina del Pop, Madonna, al suo secondo film da regista (già nel 2008 aveva diretto Sacro e profano, una commedia tanto colorata quanto confusionaria, distribuita in Italia, udite udite, dalla Sacher di Nanni Moretti). Lady Ciccone questa volta ha deciso di riaccendere i riflettori sulla leggendaria love story tra Wallis Simpson ed Eoardo VIII d’Inghilterra, una delle vicende sentimentali più mondane degli anni Trenta nonché una delle più singolari crisi istituzionali britanniche.
W.E. è un film di ossessioni e sulle ossessioni: da un lato quella di Madonna nei confronti di Wallis Simpson, una donna d’altri tempi, emancipata e passionale, a cui per sua stessa ammissione ha rivelato di essersi ispirata più e più volte; e dall’altra quella che il personaggio di Wally Winthorp (interpretato da Abbie Cornish), rivolge a tutto ciò che riguarda il Re Edoardo VIII di Inghilterra e la sua amata Wallis Simpson, l’americana con due divorzi alle spalle e svariati amanti alle calcagna per amore della quale decise di abdicare in favore di suo fratello minore Alberto.
La vicenda si sviluppa dunque su due piani paralleli, uno contemporaneo e l’altro storico. Nel primo, una giovane ragazza americana è infelicemente sposata con un uomo che la tradisce e la maltratta. Nel secondo c’è la “vera” (secondo lo sguardo della signora Ciccone) storia d’amore tra Wallis Simpson e il suo bel principe.
Dimenticate quanto veniva scritto sulle pagine dedicate alla cronaca mondana dell’epoca: per Madonna Wallis Simpson non era affatto un’arrampicatrice sociale, ma solo una donna appassionata che aveva scelto di seguire i propri sentimenti. Presentato Fuori Concorso alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, W.E. si crogiola nei toni del melò più patinato di sempre in cui, se da un lato è evidente la meticolosità e la precisione quasi maniacale per tutto quello che riguarda l’ambientazione d’epoca (i bellissimi abiti, i gioielli, il trucco e parrucco assolutamente perfetti), dall’altro lo è altresì la totale incapacità di emozionare, nonostante una storia simile a disposizione. Al film mancano forma e sostanza. Gli attori si limitano a indossare gli abiti di scena e a pronunciare le battute, mentre della forza coesiva che avrebbe dovuto amalgamare i tanti, troppi, ingredienti e far scivolare i due livelli della storia, permettendole di attraversare i due piani temporali senza intoppi, non c’è neanche l’ombra.
Voto 4
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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