E’ il regista giapponese, già Leone d’Oro nel 1997 per Hana-bi, il personaggio di oggi alla Mostra del Cinema di Venezia che con Outrage Beyond, sequel di Outrage, presentato in concorso al Festival di Cannes 2010, torna a parlare di Yakuza. La storia raccontata da Kitano pone al centro della trama una guerra fra famiglie rivali della yacuza appunto, giunta su scala internazionale. Da una parte abbiamo gli Hanabishi, famiglia dell’est e dall’altra abbiamo i Sanno, famiglia dell’ovest: i due clan nemici si scontreranno senza esclusione di colpi con tanto di resa dei conti finale. Ma sullo sfondo si intravedono la crisi economica e il post-Fukushima.
Kitano, che oltre ad aver firmato la regia è anche il protagonista del film, ha dichiarato durante la conferenza stampa di questa mattina: “Non sono un cineasta particolarmente apprezzato in Giappone ma quando girai Outrage, pensai sicuramente ad una continuazione. Ho pensato che se avessi fatto il primo capitolo in un certo modo avrei potuto girare una seconda parte. Confesso di aver già scritto la sceneggiatura del terzo episodio, vedremo se me lo fanno girare come voglio. Il regista ha lanciato anche una stoccata al governo del suo paese che secondo lui, dopo il terremoto dello scorso anno, non sta facendo molto per la popolazione: “Lo Stato non sta ancora facendo abbastanza. Tutti quanti dicono che le persone sono sostenute dall’amore. In verità, a mio avviso, non stanno facendo nulla di reale ed ho pensato fosse giusto metterlo nel film”.
Assayas con Après Mai, invece, ha portato alla kermesse le vicende di un gruppo di liceali all’inizio degli anni Settanta, divisi tra impegni politici di stampo radicale e aspirazioni più personali. “Questo film è un omaggio alla controcultura, all’underground e riguarda l’arte o come vivere nell’arte – ha commentato il regista francese. Quello post Sessantotto è stato un periodo molto serio e triste, c’era l’ossessione per la politica e si sentiva la responsabilità nei confronti della classe operaia, valori ormai astratti. Per Assayas la controcultura “era l’unico modo che avevano i giovani per esprimersi, come la musica underground che era davvero sotterranea, era un segnale con cui si identificava una minoranza attiva. Oggi si è persa l’idea di una minoranza attiva, c’è comunicazione generalizzata in cui più niente ha quest’aura”.
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