Prometheus

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I fatti: Nell’anno 2093 l’astronave Prometheus giunge, dopo un lungo viaggio, sul pianeta LV-233. A bordo c’è un team assemblato da un ricco imprenditore con il compito di rintracciare gli Ingegneri, una specie aliena umanoide che secondo due archeologi ha dato origine alla razza umana sulla Terra.



Partiamo dal presupposto che, almeno dal punto di vista etico, è sbagliato giudicare un film avendone un altro come modello. Ma le cose cambiano se ogni aspetto di questo film viene appositamente creato per portare lo spettatore al confronto ad ogni costo. Un po’ come dire che se la sono voluta. Trattandosi della recensione di Prometheus, viene da sé che il riferimento non può che essere Alien. Uno di quei film per cui la parola capolavoro non risulta eccessiva. Così dopo trentatré anni a Ridley Scott deve essere venuto in mente che aveva ancora qualcosa da dire su questa vicenda, tanto da mettere da parte un gruzzolo notevole, circa duecento milioni di dollari, chiamare un po’ di gente “brava” e confezionare una sorta di prequel di Alien (che poi in fieri è diventato uno spin-off) per… Far piangere i patiti di Science fiction e i suoi più affezionati fan. Non è neanche lontanamente pensabile bissare la riuscita e il successo di Alien, perché quello era Alien, punto. Erano altri tempi, le condizioni produttive erano differenti, lo stato di grazia che aveva avvolto la lavorazione di quel film è stato qualcosa che non potrà mai più ripetersi, figuriamoci poi a comando. Possiamo anche sorvolare sul momento artistico che attraversava Ridley Scott nel 1979, che prima di Alien aveva diretto un altro capolavoro, I duellanti e che, dopo Alien, ha continuato la sua scalata delle vette del cinema con Blade Runner. Ma Scott non era da solo. Con lui c’era Hans Ruedi Giger, uno degli artisti più apprezzati al mondo, Chris Foss, illustratore e concept-artist tra i più celebri, Ron Cobb artista concettuale tra i più apprezzati di sempre, un signore noto come Moebius, che non ha bisogno di presentazioni e lo sceneggiatore Dan O’Bannon. Allora la domanda è: perché non prendere atto dell’assoluta e irripetibile perfezione di quel momento creativo e continuare a godersi il primato raggiunto senza dover per forza strafare?

Evidentemente Ridley Scott ha deciso che non era il caso di sedersi sugli allori ed è andato avanti con la sua idea. E ora che Dan O’Bannon non è più tra noi si è posto il pimo problema: a chi affidare lo script? A uno degli sceneggiatori più in voga di Hollywood, il Damon Lindelof di Lost. Ed è stato questo il vero, grande, passo falso commesso da Sir Ridley Scott. Se la sceneggiatura di Alien, sebbene di una semplicità disarmante (un gruppo di esploratori si reca in un luogo misterioso e ancora inesplorato, incappando in un mistero. Questo mistero li uccide. Fine della storia), doveva il suo successo al modo in cui la vicenda riusciva a farsi strada, con quella perfetta gestione del ritmo narrativo, la capacità di comunicare con lo spettatore attraverso una simbologia puntuale e necessaria e le mille sfaccettature di cui erano dotati i personaggi, quella di Prometheus risulta inutilmente complessa e lascia molti punti sospesi nel vuoto. Damon Lindelof è il motivo principale (non l’unico, intendiamoci) per cui Prometheus proprio non ci ha convinti. Lindelof, l’uomo capace di inserire in uno script mille spunti eccezionali senza portarne a conclusione nemmeno uno. Proprio lui, uno di quelli che in fondo spera sempre che prima o poi gli elementi di una sceneggiatura si andranno a mettere a posto da soli, come per magia. E di questo aspetto peculiare il suo lavoro in Lost era stata un’avvisaglia sufficiente, almeno per non chiamarlo a dirigere un film di fantascienza, uno di quei filoni in cui tutto, ma proprio tutto, deve tornare.

La prima mezz’ora di film è gradevole, un po’ perché siamo curiosi di vedere dove andrà a parare Ridley Scott con questo atteso ritorno a genere che ha contribuito a creare, un po’ perché Prometheus visivamente ha una forza davvero notevole. Poi arrivano i perché e i percome: le domande che si pongono i protagonisti. Qualcosa viene spiegato attraverso dialoghi didascalico-spiegonistici, qualcos’altro viene suggerito, il resto viene fatto miracolosamente sparire (gli spettatori, si sa, sono sempre un po’ distratti). Poi c’è il cast. Attori potenzialmente molto validi (Michael Fassbender e Charlize Theron su tutti) che però Scott fa muovere come se fosssero dei pupazzoni con poche espressioni e ancor meno carattere, e che non sembrano essersi amalgamati fra loro. La sensazione che si ha vedendo il film è che ognuno sia andato sul set a fare la propria parte e tanti saluti. Poi sarebbe interessante capire per quale motivo il personaggio interpretato da Charlize Theron, del tutto inutile, sia stato inserito nello script. Così come non arriviamo ad intuire perché sia stato scelto Guy Pearce per vestire i panni del decrepito imprenditore Peter Weyland (fan di Alien, non vi dice nulla questo nome?). Insomma perché per interpretare un anziano è stato chiamato un quarantenne costretto a mettersi quintali di trucco per sembrare un novantenne, se non è richiesto il suo aspetto “da giovane” neanche in un misero flashback? Un altro mistero.

E poi la domanda con la d maiuscola: Prometheus è o non è il prequel di Alien? Più che un prequel sembra una enorme spin-off votato a celebrare il mito di Alien. I rimandi al progenitore, chiamiamolo così, si sprecano, fino a diventare fastidiosi. E Ridley Scott non fa altro che citarsi continuamente addosso (o forse è così che recita la sceneggiatura un tantino ruffiana di Lindelof), come se non si rendesse conto che non è sufficiente evocarlo, quel glorioso passato che ormai non tornerà più.

Voto 5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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