Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Opé
La luce, quella accecante e timida di un futuro ancora possibile, nonostante tutto e tutti.
La luce del sole sulle onde del mare, sul metallo del fianco di un tir, sulla strada al tramonto, sui volti, sulle mani, sui corpi che si fondono, sull’acqua e sul ghiaccio che possono abbracciare ed uccidere.
La luce che ti fa sentire sulle labbra il sapore della ruggine e delle ossa.
Ecco la chiave per comprendere questo doloroso (a tratti insopportabile), livido, adamantino sesto lungometraggio del poeta in immagini Jacques Audiard. “Soltanto” sei film, un cortometraggio e ben ventuno sceneggiature (ecco perché è impossibile non sognare insieme a lui) per questo incredibile sessantenne che, inutile girarci intorno, non sbaglia un colpo.
Il secondo film sulla disabilità estrema (il primo, Quasi amici, candidato ufficiale agli Oscar 2013) in meno di un anno dalla saggia ed evoluta terra di Francia. Preziosa lezione di stile, eleganza e modernità per i registi di casa nostra che fanno sempre tanta fatica ad uscire dalla “dinamica delle tresche” e per i loro produttori che puntano sempre e soltanto sul risultato scontato al botteghino quando, in un paese in cui, negli ultimi due mesi, il mercato agonizza al limite della morte… sarebbe ora di mostrare, finalmente, un pò di co…raggio.
Presentato in Concorso a Cannes 2012 ed uscito nelle sale italiane il 4 ottobre (grazie di cuore, BIM!), avrebbe vinto meritatamente e sicuramente la Palma d’Oro se non si fosse trovato di fronte un gigante (di una certa età, quasi un premio alla carriera) come Haneke ed il suo Amour ma in fondo, se ci pensate, sempre di amour si tratta ma più per la vita stessa che per un partner perché le torride scene tra i due protagonisti, la cui radiosa bellezza eguaglia il talento (cosa assai rara), Marion Cotillard (attendiamo il suo secondo Oscar come Miglior Attrice Protagonista, dopo quello meritatissimo del 2008, per La vie en rose) e Matthias Schoenaerts (altro che Channing Tatum! E’ lui il nuovo bellissimo su cui puntare!) sono più ricerca di aiuto, mentre si annaspa nel buio, che trasmissione di affetti. Tra l’altro, assistiamo quasi ad una quadratura del cerchio perché fu proprio Jean-Louis Trintignant (affiancato da Mathieu Kassovitz e Jean Yanne) a regalargli tre César nel 1994, interpretando il suo lungometraggio d’esordio, un noir, Regarde les hommes tomber!
A chiusura di questa lunga digressione, un unico pensiero: sembrava impossibile andare oltre Il profeta senza ripetersi ma Audiard è riuscito nell’impresa. Parola d’ordine: Opé.
Voto 8
Recensione a cura di Massimo Frezza
(www.binarioloco.it)
Per offrirti il miglior servizio possibile il sito utilizza i cookie. Proseguendo la navigazione, ci autorizzi a memorizzare ed accedere ai cookies di questo sito web. Leggi l'informativa
The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.
Leave a reply