Roma 2012 – Giorno 6

Di Carolina Tocci
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Giornata intensa oggi al Festival di Roma,  iniziata alla grande, di buon mattino con la proiezione per la stampa di Bullet To The Head, il buddy movie diretto da Walter Hill con protagonista Sylvester Stallone.
Con questo film, a dieci anni di distanza dalla sua ultima fatica sul grande schermo, il notevole Undisputed, il decano Walter Hill, artefice di numerosi classici del cinema d’azione, da The Driver a I guerrieri della notte, torna alle origini del suo cinema e a una sfiziosa, nostalgica rivisitazione del buddy cop movie che lui stesso, con l’ottimo 48 ore, aveva sostanzialmente inaugurato. Qui al posto del burbero Nick Nolte e dello scatenato Eddie Murphy, ci sono il sicario Jimmy Bobo (Sylvester Stallone) e il detective Taylor Kwon (Sung Kang) ad avviare una forzata, rissosa e ruspante collaborazione per rintracciare e punire il responsabile della morte del collega del primo. Da subito lo spettatore si ritrova di fronte ad un oggetto tanto tradizionale quanto alieno, fieramente fuori dalle mode del poliziesco contemporaneo e, come il suo tonicissimo protagonista, tutt’altro che rassegnato all’idea di arrendersi alle logiche del mercato e del tempo che passa. Cinema che, fortunatamente, sembra davvero provenire da un’epoca lontanissima e che prosegue il percorso, ormai sempre più autoriale e revivalistico dell’interprete di Rocky Balboa e di John Rambo.

Alessandro Camon, Sylvester Stallone e Walter Hill

Alessandro Camon, Sylvester Stallone e Walter Hill

Quella che ha seguito la proiezione di Bullet To The Head è stata una conferenza stampa divertente e dinamica, proprio come i suoi protagonisti: il regista Walter Hill, Sylvester Stallone e lo sceneggiatore italiano trapiantato in America Alessandro Camon. Ecco un paio di estratti in cui Sly ci ha raccontato qualcosa in più sul suo personaggio Jimmy Bobo e sul suo incontr con Woody Allen, all’inizio della sua carriera.



Ti sei ispirato ad alcuni tuoi vecchi personaggi per vestire i panni di Jimmy Bobo?

Sì, sicuramente. La mia regola principale è di imparare dagli errori. Un paio di volte mi è capitato di girare film d’azione in cui la componente action era decisamente eccessiva e ho imparato che se i dialoghi e la tensione nelle conversazioni possono essere interessanti quanto può esserlo un inseguimento, allora benvengano i dialoghi. Soprattutto in casi come questo, ci sono i presupposti giusti: io nel film odio questo tizio (il detective Kwon) e lui odia me, ma ognuno di noi ha bisogno dell’altro. Da una situazione del genere  vengono fuori dei dialoghi interessanti e una buona dose di umorismo. Non ero certo che avrebbe funzionato, ma era quello che volevamo nel film sia io che Walter. La personalità prima di tutto, poi si trova spazio anche per il resto. Sì,  ovviamente preso in prestito da altri film, ma ho anche imparato dagli errori dei miei vecchi film.

Una curiosità. Come sei arrivato a conoscere Woody Allen (nel 1971 sul set de Il dittatore dello stato libero di Bananas)?

Ah sì. E’ stata un’esperienza che ha cambiato la mia vita. Io non ero nessuno e sul set del film di Allen stavano cercando un cattivo. Andai da Woody, insieme ad un altro attore, un po’ più piccolo di me di statura. La scena prevedeva che noi due lo attaccassimo in metropolitana. Ok, proviamo la scena. Woody guarda prima me, poi guarda l’aiuto regista. Ditegli che non fanno paura, non intimidiscono nessuno. E l’aiuto regista ci dice che non facevamo abbastanza paura. Io avevo ventidue anni. Ah si? Veramente, risposi? Così siamo corsi fuori dalla metro e siamo andati in una farmacia a comprare della vaselina, ce la siamo spalmata in faccia e siamo tornati sul set. Appena avvistiamo Woody, gli urliamo con voce grossa, Facciamo paura adesso?. E lui fa all’aiuto regista, con il fare nervoso che lo contraddistingue, prendili prendili! E’ un episodio che non dimenticherò mai. Nella vita non bisogna mai mollare. Mai.

Luca Argentero, Anita Kravos, Filippo Nigro, Caterina Valente, Christian Burruano, Eva Riccobono, Jean-Marc Barr e Isabella Ferrari

Luca Argentero, Anita Kravos, Filippo Nigro, Caterina Valente, Christian Burruano, Eva Riccobono, Jean-Marc Barr e Isabella Ferrari

Il livello qualitativo della giornata, poi, si è abbassato di colpo, mentre assistevamo alla proiezione del terzo film italiano In Concorso, il tremendo E la chiamano estate di Paolo Franchi, nei cinema il prossimo 22 novembre. La pellicola, interpretata da Isabella Ferrari e Jean-Marc Barr, si concentra sulla tormentata storia d’amore tra Dino e Anna, una coppia di quarantenni apparentemente perfetta, ma che in realtà deve affrontare non pochi problemi. Il primo fra tutti: in un anno di relazione non hanno mai avuto un rapporto fisico. Tormentato per non riuscire ad avere una vita sessuale con Anna, Dino non è in grado di accettare l’aiuto di nessuno, nemmeno del suo psicologo, e il suo malessere si esplicita in un comportamento estremo che lo porta ad avere compulsivi rapporti con prostitute, coppie aperte e scambisti. Dicevamo prima, tremendo. Tremendo perché la storia d’amore sui generis di Anna e Dino viene presentata con un’aura filosofica (scene reiterate fino all’esasperazione, fotografia disturbante, dominata dai bianchi e volutamente fuori fuoco, dialoghi e azioni ai limiti della credibilità). E a chi, durante la conferenza stampa che ha seguito la proiezione del film, ha domandato a Franchi il perché abbia usato un linguaggio tanto difficile per arrivare al grande pubblico, il regista ha risposto che il suo film non ha affatto la pretesa di arrivare a tutti, che “l’arte è egoista” (quanto gli è piaciuto dire questa frase…) e che quindi per lui è sufficiente che il messaggio arrivi a quei pochi che capiranno e apprezzeranno la sua opera. Anche la produttrice, Nicoletta Mantovani (proprio lei, la moglie di Big Luciano) ha criticato l’atmosfera polemica che la stampa ha riservato all’arrivo del cast di E la chiamano estate, sostenendo che trattasi di film d’autore (concetto ribadito più volte anche dal regista: non è strano che se lo dicano da soli che il loro è un prodotto autoriale? Mah!) e che se anche la stampa smette di sostenere chi ha il coraggio di tentare nuove strade all’interno del cinema italiano, c’è il rischio che i produttori si scoraggino e non osino più.
Di seguito un estratto della conferenza stampa del film di Paolo Franchi in cui Isabella Ferrari racconta la sua esperienza sul set e il suo rapporto con Anna, il personaggio che ha interpretato.

Grazie ad Andrea Bosco

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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