Apriamo il daily di questa giornata di Festival mostrandovi le immagini del red carpet di Bullet To The Head, che si è svolto ieri sera, con Sylvester Stallone protagonista assoluto della serata.
Mentre Sly era inseguito da paparazzi e fan sul tappeto rosso e rilasciava autografi, noi eravamo in sala a vedere il secondo film sorpresa di questa edizione, mostrato ieri sera alla stampa. Si tratta di Drug War (Duzhan in originale) del prolifico regista di culto hongkonghese Johnnie To. Con una cinquantina di titoli al suo attivo, To torna a cimentarsi con il genere che l’ha reso celebre, il gangster movie, affiancato anche questa volta dal suo braccio destro, il regista e sceneggiatore, Wai Ka-fai (co-autore della sceneggiatura). Ambientato nella Cina continentale, Drug War affronta in modo innovativo, almeno per il mercato cinematografico cinese, il tema del traffico di droga, prendendolo di petto, cosa fino ad ora mai accaduta.
La storia è quella di Ming, cinico trafficante di droga che si schianta in auto contro un negozio dopo l’esplosione del suo laboratorio in cui si fabbrica eroina. Si salva, ma ha la moglie e il cognato bloccati dentro la fabbrica. Il funzionario di polizia Lei, prova a rintracciare gli altri criminali offrendo a Ming l’opportunità di ridurre la pena detentiva. Ming decide di aiutarlo, tradendo tutti i suoi fratelli, ma naturalmente non tutto andrà per il verso giusto. Con un cast di attori notissimi in Estremo Oriente come Louis Koo, Sun Honglei, Xiao Cong, Yin Zhusheng, Gao Yunxiang e Huang Yi, Johnnie To porta la narrazione a velocità sostenuta, arricchendola di inseguimenti e sparatorie a non finire. Con uno stile freddo e chirurgico il regista confeziona un prodotto dal ritmo serrato, regalando al pubblico, soprattutto nell’ultima mezz’ora, una sorta di western Made in China che accompagna la vicenda verso un finale drammaticamente spettacolare. “Ogni anno muoiono migliaia di poliziotti in prima fila contro lo spaccio di droga” ha detto Johnnie To durante la conferenza stampa di presentazione di Drug War questa mattina. “Volevo dimostrare al mondo che gli spacciatori sono persone senza coscienza e senz’anima”. E ci è riuscito.
La mattinata di oggi, invece, si è aperta con A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III di Roman Coppola, che sarà anche alla sua seconda regia (dopo CQ del 2001) ma l’esperienza non gli manca certo. Figlio di Francis Ford, fratello di Sofia e cugino di Nicolas Cage e Jason Schwartzman nonché discendente di una delle famiglie più conosciute ed influenti di Hollywood, il quarantasettenne Roman ha portato una ventata di aria fresca in un concorso in cui il Cinema si è solo affacciato sporadicamente. Autore di numerosi videoclip di noti gruppi musicali e artisti (dai Green Day ai Daft Punk, passando per Moby) nonché sceneggiatore di molte delle pellicole dirette da Wes Anderson (Il treno per il Darjeeling e l’imminente Moonrise Kingdom) oltre che produttore (Somewhere), Coppola ha presentato questa mattina a Roma il suo A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, da lui scritto e diretto. Impulsi e fantasie in un viaggio nella mente di un uomo (Charles, interpretato da un magnifico quanto squilibrato Charlie Sheen), graphic-designer di successo, che viene improvvisamente lasciato dalla sua bellissima fidanzata Ivana (Katheryn Winnick, ospite del Festival insieme al regista). Questo evento getta Charles nel panico. Ad intervenire e ad aiutarlo ci penseranno sua sorella Izzy (Patricia Arquette) il suo miglior amico Kirby (Jason Schwartzman) e il suo commercialista Saul (Bill Murray). Fantasioso, bizzarro e divertente, A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III mescola sorprendenti trovate oniriche a momenti di folle realtà (sempre colorata e ricca di oggetti e di persone). Un po’ Michel Gondry, un po’ Wes Anderson, il film di Roman Coppola scorre via veloce mostrando allo spettatore un delirio più che plausibile e una situazione tanto comune quanto unica come la fine di un amore, arricchendola di dettagli e circostanze originali. Le splendide musiche di Liam Hayes e Roger Neill accompagnano Charles nel suo delirio bizzarro e psichedelico. Se si vuole cercare un difetto in questa pellicola, lo si trova nei i contenuti, non tanto densi quanto l’aspetto visivo del film. E nella mancata presenza di Bill Murray, annunciata dallo stesso direttore Marco Müller una settimana prima dell’inizio della kermesse, e prontamente disattesa.
Visto oggi anche il secondo e ultimo film francese In Concorso, Un Enfant de Toi di Jacques Doillon, pellicola che sembra quasi rappresentare l’antitesi de-eroticizzata e maliziosa del film di Paolo Franchi visto ieri. Il canonico triangolo amoroso spesso riconducibile al cinema d’oltralpe qui è composto da Aya (Lou Doillon, figlia del regista), dal suo ex marito Louis e dall’attuale compagno Victor, coinvolti in un intreccio e, secondo le parole dello stesso autore, un “complotto femminile” che prevede repentini ritorni di fiamma e inversioni di ruolo. Problema essenziale della pellicola, spalmata lungo i suoi interminabili centoquaranta minuti, è l’esasperata e fluviale componente dialogica, che vorrebbe guardare alla pregnanza dello stile di Eric Rohmer e che invece pare grondare esclusivamente cattiva letteratura, ricca di frasi sentenziose e ai limiti del ridicolo involontario. Non aiutano gli attori – in particolare la smorfiosissima Doillon, davvero insopportabile – subissati dalla vitalità della piccola Olga Mishtein, che interpreta la piccola Lina e che rappresenta l’unico aspetto davvero coinvolgente di una snobistica guerra fra sessi respingente e a tratti inavvicinabile, nella quale tutto sembra procedere assolutamente per caso.
Grazie ad Andrea Bosco ed Eugenio Boiano
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