E la chiamano estate

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Più che altro, e lo chiamano cinema! Fresco di due premi di rilievo all’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma (quello per il Miglior regista a Paolo Franchi e per la Migliore attrice a Isabella Ferrari) e della valanga di polemiche che si porta dietro da quando è stato presentato in concorso alla kermesse qualche giorno fa, E la chiamano estate sarà nelle sale giovedì 22 novembre e ora se la vedrà con il pubblico.
La storia è quella di Dino (Jean-Marc Barr) e Anna (Isabella Ferrari), una coppia di quarantenni con un anno di relazione alle spalle. Si amano intensamente ma la loro non è una storia convenzionale perché Dino non riesce a fare l’amore con la sua donna e, per compensare questa mancanza, frequenta locali equivoci, prostitute e coppie di scambisti. Tormentato per non riuscire a dare ad Anna una vita sessuale appagante, Dino decide così di ricontattare gli ex fidanzati della donna per spingerli a fare quello che a lui non riesce, portarsela a letto. In sottofondo, la malinconia del brano di Bruno Martino, E la chiamano estate.



Con una trama del genere a disposizione forse nessun regista al mondo sarebbe stato in grado di tirar fuori un bel film, tantomeno se con due lavori alle spalle, di cui uno decisamente bruttino (Nessuna qualità agli eroi, pellicola per la quale il regista era già stato fatto a pezzi in Concorso a Venezia nel 2007). Ma la presunzione umana non conosce davvero limiti e quella di Paolo Franchi, evidentemente, ancora meno. Così, invece di cercare di rendere verosimile o quantomeno tollerabile l’assurda storia di Dino e di Anna, il regista bergamasco sceglie un registro marcatamente drammatico che rende la vicenda ancora più ridicola di quanto già non sia. I nudi di Isabella Ferrari di cui si è tanto parlato sono assolutamente gratuiti, i dialoghi tra i personaggi sfiorano la surrealtà, quella più bassa e volgare però (“Una scopata non si nega a nessuno. Poi con la tua ex. Dai!” o se preferite la più laconica “Pisciami in faccia”) e anche attori generalmente apprezzati come Luca Argentero e Filippo Nigro risultano assolutamente inadeguati in un simile contesto. Insomma, E la chiamano estate è un gran brutto film, indifendibile su tutta la linea e non “un film d’autore” come lo hanno definito lo stesso Franchi e la sua protagonista (se lo dicono pure da soli!). Il cinema d’autore, per quanto possa essere lontano dalla realtà, prima o poi è con quest’ultima che si deve scontrare: sono infatti gli spettatori i depositari finali della visione personale di un autore. Il pubblico che ha pagato il biglietto per andare a vedere i film di Tornatore, Bellocchio, Avati, Garrone e Sorrentino, per non scomodare Antonioni, Visconti o Fellini, qualcosa evidentemente ha trovato nei loro film, in qualche aspetto si è riconosciuto o quantomeno si è lasciato scorrere davanti agli occhi una storia per la quale, al di là del giudizio finale, valeva la pena rimanere seduti due ore in una sala buia.

Nel film di Franchi, invece, sia i personaggi che la vicenda, appaiono talmente lontani da tutto e da tutti che sembrano provenire da un altro mondo, un mondo che non ha niente a che fare con noi e di cui, già dopo i primi cinque minuti, non ci interessa saperne di più. Ci auguriamo solo che il primo Paolo Franchi, il regista di quel buon esordio che era stato La spettatrice, rientri al più presto in sé e riesca a stupirci di nuovo, magari in positivo.

Voto 1

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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