Il sospetto

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Dopo un divorzio difficile e la perdita del lavoro, il quarantenne Lucas, ex maestro elementare, è costretto a ricominciare da zero, collaborando con l’asilo del suo piccolo paese in Danimarca. Ma proprio quando sembra che le cose stiano andando per il verso giusto e inizia una relazione con la sua collega Nadja, una calunnia sconvolge le carte in tavola. Durante le feste natalizie, la piccola Klara, figlia del suo migliore amico Marcus e di sua moglie Agnes, trascurata in famiglia e spesso lasciata sola, inizia a nutrire un eccessivo attaccamento al suo maestro, che spesso le tiene compagnia e la lascia giocare con la sua cagnetta Fenny. Quando Lucas si accorge del sentimento della bambina, la respinge con delicatezza e la piccola, arrabbiata e delusa, inventa di essere stata molestata dal maestro. Grethe, la direttrice della scuola, si rivolge ad uno psicologo per far luce sull’accaduto, innescando un’ondata di sospetti che  degenera presto in isteria collettiva in tutta la piccola comunità. Mentre il sospetto continua a diffondersi come un virus, Lucas viene chiamato a combattere una battaglia per difendere la sua vita e la sua dignità, emarginato da tutti e ridotto allo stato di bestia, come uno dei cervi che lui stesso cacciava insieme ai suoi amici nei boschi.



Co-fondatore del movimento Dogma 95 insieme con Lars von Trier e regista di Festen – Festa di famiglia, Thomas Vinterberg dirige un film che si è rivelato un successo sin dalla sua presentazione al Festival di Cannes di quest’anno. Secondo le dichiarazioni del regista stesso, la storia gli è stata suggerita nel 1999 da uno psicologo che parlava di come “il pensiero sia un virus”. Partendo da un’accusa di pedofilia, il film si rivela ben presto la cronaca inquietante di una bugia che diventa verità quando il dubbio, il sospetto, danno vita a una caccia all’uomo; è una riflessione sulla natura virale del pensiero e dell’identità, la dimostrazione quasi scientifica di come nel mondo contemporaneo iperconnesso, dove tutto è comunicazione e giudizio, una storia inventata possa costruire un’identità e diventare una persona in carne e ossa, un’altro. È soprattutto la storia à la Kafka di un uomo perbene e qualunque che un giorno vede piombarsi addosso un’accusa incancellabile e definitiva. Lucas è senza dubbio innocente: è gentile e genuino, molto amato dai bambini dell’asilo e ha un fedele gruppo di amici con cui organizza battute di caccia al cervo e colossali bevute. Ma una bugia lo trasforma in un pedofilo, un mostro, senza alcun dubbio. Tutto il film gira intorno all’assunto che “i bambini non mentono mai”, per poi smontarlo inesorabilmente, con freddezza e ribaltarlo. Tutti sono innocenti, tutti credono di fare la cosa giusta: i genitori e i maestri credono all’innocenza dei bambini e diventano ferocemente protettivi al primo sospetto di pericolo. Vinterberg non indugia nemmeno per un attimo nell’ambiguità, nel sospetto del titolo, ma mostra fin dall’inizio l’innocenza di Lucas e la fervida immaginazione di Klara, che inventa storie e racconta bugie. Non gli interessa costruire un meccanismo complesso di colpi di scena, ma dimostrare come la comunità (e la società tutta) sia disposta a sottoporre un uomo a un processo sommario, a una vera e propria caccia al mostro, a perseguitarlo e condannarlo senza appello, senza un ragionevole dubbio e senza perdono. Il sospetto diventa un virus che contagia tutti e non risparmia nemmeno il sospettato, che alla fine si ritrova a dubitare perfino della sua stessa innocenza. E tutto si ribalta di nuovo.

La chiave di volta del film è senza dubbio rappresentata dalla straordinaria interpretazione di Mads Mikkelsen, meritatamente premiato a Cannes, che veste i panni del protagonista: abbandonato il suo personaggio granitico e virile, il suo aspetto si fa mite e rassicurante, sempre più doloroso e disfatto, portando sul corpo e sul volto i segni anche fisici della violenza e dell’emarginazione. La sua voce si fa fievole e ogni suo gesto è ridotto ai minimi termini, ad un minimalismo essenziale ed emotivamente devastante. La regia di Vinterberg segue impassibile il percorso narrativo della vicenda, scruta come un’autopsia nell’animo del pprotagonista e riesce a restituire il dolorenele immagini, scosse e infreddolite, nelle inquadrature strette che vanno a esplorare i volti dei personaggi (una menzione particolare merita Lasse Fogelstrom, che interpreta Marcus, il padre di Klara e migliore amico di Lucas) o a cercare nella splendida natura danese i segni della salvezza e del perdono.

Voto 8

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