Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Cinque personaggi in cerca di fiducia nei loro confronti, cinque messaggeri di speranza e immaginazione che vengono chiamati a raccolta dall’Uomo della Luna, il saggio osservatore del mondo, per unire le loro forze contro Pitch Black (l’Uomo nero), l’essere malvagio per eccellenza, deciso a tramutare i sogni dei più piccoli in orrendi incubi. Dentolina dirige uno sciame di fatine volanti addette a recuperare i denti da latte dei bambini, lasciando sempre una moneta in cambio; Sandy, l’uomo di sabbia, vola qua e là spargendo una scia dorata portatrice di sogni incantati nel sonno dei più piccoli; Nord, che poi è Babbo Natale, con uno spiccato accento russo e i bicipiti tatuati; e Calmoniglio, il coniglio pasquale, che dispensa uova in giro per il mondo quando la sua festa si avvicina. E poi ce n’è un altro: Jack Frost, adolescente irrequieto portatore di ghiaccio e neve. Riusciranno i nostri eroi a convincere i bambini a credere in loro?
Basato sui romanzi di William Joyce e presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma (QUI trovate il resoconto dell’incontro con Peter Ramsey e con il produttore esecutivo Guillermo Del Toro) Le cinque leggende rilegge e reinterpreta il conflitto primordiale ancestrale per eccellenza, quello tra Bene e Male, e lo fa con tutta la creatività e la poesia di cui la DreamWorks si è fatta portatrice e sperimentatrice negli anni. Lanciando un messaggio non tanto originale quanto sempre efficace, la favola di questi cinque “Avengers” dell’animazione punta tutto sulla fiducia e sulla magia che da questa può nascere. I Guardiani hanno bisogno che i bambini credano in loro, altrimenti rischiano di svanire, proprio come i sogni che sono chiamati a difendere dal perfido Pitch.
Abile nell’amalgamare cinque personaggi individualmente forti e già ben delineati, soprattutto nell’immaginario collettivo dei paesi anglosassoni, Peter Ramsey riesce a conferire ritmo e fluidità alla pellicola attraverso un ampio utilizzo di piani sequenza. Si tratta di un linguaggio piuttosto insolito da utilizzare per un cartoon che però funziona e conferisce alle immagini animate una veridicità degna di un live action. Ed è omaggiando il cinema di azione (e la saga di Bourne in primis, anche perché Ramsey si è fatto le ossa lavorando come storyboarder di pellicole come Independence Day, L’Incredibile Hulk e Minority Report, prima di approdare alla DreamWorks) e prendendo spunto da quest’ultimo che Le cinque leggende strizza l’occhio anche ad un pubblico più adulto, risultando un prodotto ideale per tutta la famiglia.
Voto 7
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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