Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Bill Murray può permettersi tutto. Anche di interpretare un’icona come il presidente Roosvelt. Ha fascino e mordente a sufficienza per calarsi nei panni di un eccentrico FDR, in questa commedia sentimentale in stile Downtown Abbey che ne lascia emergere più i vizi che le virtù. Siamo nel giugno del ’39 durante il weekend in cui Roosvelt accoglie i reali d’Inghilterra nella propria residenza di campagna a Hyde Park on Hudson, nello stato di New York. E’ la prima volta che un re e una regina inglesi sono in visita ufficiale negli States. In un momento storico delicatissimo, in cui la minaccia nazista si diffonde a macchia d’olio nel vecchi continente, Re Giogrio VI (già protagonista del pluripremiato Il discorso del Re), in procinto di entrare in guerra contro la Germania, cerca disperatamente il favore di Roosevelt per ottenere il sostegno degli Stati Uniti. In quei due giorni si è deciso il destino del mondo. E anche quello di una lontana cugina di Roosvelt, Margaret Suckley (Laura Linney), che racconta questa storia.
Il lato (dis)umano di Roosvelt: il regista di Notting Hill Roger Mitchell ci porta a scoprire i diari di Margaret Suckley, ritrovati dopo la morte della donna, in cui vengono rivelati tutti i dettagli della sua relazione con il Presidente. Nella pellicola, i cui fatti si svolgono circa tre mesi prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Roosvelt viene descritto come un uomo perfettamente conscio del proprio potere, un maschilista doc senza se e senza ma, che ha sempre con un drink in mano ed è praticamente incapace di resistere al fascino del gentil sesso. E lo spettatore è portato a scoprire i vizi e le debolezze di questo “Frank” attraverso l’amicizia prima e la relazione poi, con la sprovveduta e sottomessa Margaret.
Non era facile combinare in un’unica pellicola gli interessi internazionali e il difficile momento che Roosvelt stava affrontando, con la complessa situazione domestica di Hyde Park on Hudson. E il primo dei due aspetti viene lasciato in secondo piano (anche se i brevi dialoghi tra Murray-Roosvelt e Samuel West-Giorgio V risultano essere senza dubbio la parte migliore del film), dando più spazio al lato sentimentale della vicenda. Quel che resta di A Royal Weekend è l’ambientazione bucolica, un cast perfetto e l’ulteriore prova, per chi nutrisse ancora qualche dubbio, che Bill Murray è uno degli attori più versatili e irresistibili in circolazione.
Voto 6
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