Studio illegale

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Tutto ha inizio da un blog, nato nel 2007, in cui Federico Baccomo, sotto lo pseudonimo di Duchesne, racconta una serie di vicende ispirate allo studio legale in cui lavorava e dal quale si è appena licenziato. Le sue storie iniziano ada avere successo, tanto che nel 2009 Marsilio pubblica il romanzo di Studio illegale, che diventa un piccolo caso editoriale. Dagli scaffali di una libreria al cinema, poi, il passo sembra essere davvero breve, ed ecco che il romanzo diventa una pellicola, con Fabio Volo protagonista. Ci siamo fermati a leggere il blog, carino e ben scritto, probabilmente molto più interessante e rivelatorio per un avvocato o praticante tale, proprio per il quotidiano che di quel mondo viene raccontato. Il libro lo abbiamo saltato a piè pari, ma purtroppo abbiamo visto il film. Purtroppo perché tutta quella leggerezza con cui Baccomo raccontava episodi anche apparentemente di poco conto come una pausa alla macchinetta del caffè, nella pellicola di Carteni (Diverso da chi?) si perde, trasformandosi inesorabilmente in banalità.



La sinossi in due parole: protagonista della commedia è Andrea Campi (Volo che per l’occasione si è anche fatto crescere degli insulsi baffetti), giovane e rampante avvocato di un affermato studio legale milanese, incaricato dal suo socio (Ennio Fantastichini) di occuparsi di una trattativa che potrebbe dare una svolta alla sua carriera. Tutto va come previsto fino a quando Andrea non incontra Emilie Chomand (Zoé Félix), avvenente avvocatessa francese della controparte. Indovinate un po’ come va a finire?

A cominciare da un sottotitolo di cui ci sfugge il senso ultimo, che recita “In amore vince chi inganna” (ma perché questa ossessione di spiegare ad ogni costo? Passi per una pellicola straniera, in alcuni casi può essere d’aiuto per indirizzare il pubblico nella scelta, ma questo è un film italiano), di Studio illegale non siamo riusciti a salvare nulla. Da Volo alle prese con l’ennesimo personaggio rampante, occhiale da sole e macchina fighetta che ne cambia una a sera fino a quando non si innamora di “quella giusta” e allora via libera alla faccia da triglia bollita, alla sua compagna di set Zoé Félix, tanto deliziosa in Bienvenue chez les Ch’tis (il Giù al Nord originale), quanto scontata nei panni dell’avvocatessa parigina bon ton in carriera. Persino un pezzo da novanta del nostro cinema come Ennio Fantastichini esce sconfitto da questo film. La sceneggiatura non regala colpi di scena, se non uno all’inizio, e la storia procede esattamente come ci si aspetta, sicuri del fatto che: “mica potrà andare proprio così”. E invece sì. Va proprio così. Il linguaggio utilizzato, poi, è davvero “for dummies”, da fiction televisiva di terz’ordine. Non si ride, né si riflette, tantomeno ci si diverte. In preparazione c’è La gente che sta bene, secondo libro di Baccomo divenuto film, questa volta diretto da Francesco Patierno e con Claudio Bisio nei panni del protagonista. Ed è il fatto che peggio di così è difficile che possa andare a lasciarci un velo di speranza.

Voto 3

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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