Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
C’era una volta la buona commedia all’italiana… E fortunatamente c’è ancora. In questo confuso clima post elettorale fa sicuramente bene scoprire che il nostro cinema ha ancora qualcosa da dire e qualche storia da raccontare. Quella che Rolando Ravello (volto noto e inconfondibile di cinema e tv) ha scelto per il suo esordio alla regia è la storia di Agostino, italiano medio, abitante in affitto di un appartamento della periferia romana, che il giorno della prima comunione del figlio torna a casa in pompa magna con tutta la famiglia per festeggiare e non riesce ad entrare. Qualcuno, approfittando dell’assenza, ha occupato l’immobile e si è chiuso dentro. Lo stupore, lo sgomento, lasciano presto il posto alla presa di coscienza: Agostino dovrà fare i conti con una pratica diffusa, ovvero quella degli occupanti abusivi. A questo punto scoppia la guerra.
Tratto da una storia vera, Tutti contro tutti è la trasposizione cinematografica di uno spettacolo teatrale di Rolando Ravello e Massimiliano Bruno (qui autori della sceneggiatura) ed ha il pregio (ormai divenuto raro) di raccontare una realtà nella quale il pubblico possa riconoscersi per riuscire ad esorcizzarla. Così una storia triste, di profondo disagio sociale, diviene occasione per ridere, delle disgrazie nostre e altrui, come si riusciva egregiamente a fare negli anni Cinquanta, lontani ma per certi versi ancora molto vicini…
Ravello, coraggiosamente, si mette in gioco a tutto tondo vestendo anche i panni del protagonista. Scelta giusta e non presuntuosa, perché Agostino ci piace portarlo a casa così, come un uomo normale che ha nello sguardo tutte le speranze e la rabbia nei confronti di una realtà che non riesce a garantirgli neanche quel minimo sindacale di serenità. Ottimo anche il resto del cast (da Marco Giallini a Kasia Smutniak a Lidia Vitale) che copre ben tre generazioni, dai bimbi al nonno (a cui è affidato il punto di vista più caustico).
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