Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
1.591.404.818 dollari incassati in totale fino ad ora dai cinque film. E chi se lo aspettava tanto successo? Sicuramente non Rob Cohen, il regista che nel 2001 ha dato il la a quella che sarebbe diventata una delle saghe cinematografiche americane più longeve e di successo, e nemmeno Vin Diesel che ormai viene identificato con il personaggio di Dominic Toretto, ex re delle corse clandestine, uno che vive la sua vita “a un quarto di miglio alla volta”. Fatto sta che senza neanche accorgercene siamo al sesto Fast and Furious, quello che chiude la seconda trilogia, diretto dal veterano della saga Justin Lin.
Avevamo lasciato Dominic e gli altri subito dopo essersi trascinati un’enorme cassaforte per le strade di Rio De Janeiro ed averne intascato il contenuto. Con dieci milioni di dollari a testa, tutti i membri della squadra si sono ritirati a vita privata. Almeno fino a quando l’agente Hobbs (Dwayne Johnson) non propone una tregua a Dom Toretto e Brian O’Conner (Paul Walker) perché ha bisogno di loro e degli altri per sgominare una pericolosa gang di rapinatori. Perché accettare? Ormai vivono alle Canarie, Toretto con la nuova fiamma Elena Neves (Elsa Pataky) e O’Conner con Mia (Jordana Brewster) dalla quale ha appena avuto un bambino. Il motivo lo avevamo intuito dalla scena in appendice di Fast and Furious 5. Letty Ortiz (Michelle Rodriguez), grande amore di Dom, non è affatto morta come tutti credono e per di più è entrata a far parte della squadra di criminali da sgominare.
Quello che colpisce di Fast & Furious 6 è la scelta da parte del regista e dei produttori (tra cui figura anche Vin Diesel) di spingere sul pedale dell’acceleratore action, lasciando tuttavia solo una manciata di scene in cui le macchine sono davvero protagoniste. In due ore e dieci (durata eccessiva e piuttosto anomala, se si considera il genere di pellicola di cui si parla), il pubblico ha appena una mezz’ora per godersi il rombo dei motori truccati e assistere a folli inseguimenti (uno addirittura tra un’auto, un aereo in decollo e un carro armato). Il resto è azione, scazzottate, qualche momento romantico e molto gioco di squadra. Nulla che non si possa trovare in qualunque altra pellicola action made in Hollywood di medio livello. Da questo punto di vista il quarto capitolo della saga era decisamente più appagante, soprattutto per il pubblico di aficionados su cui franchise come questo devono poter contare. Certo, le frasi lapidarie di Toretto rimangono, così come i picchi di surrealtà che ritroviamo nelle scene di azione più audaci, insieme ai bicipiti tatuati dei protagonisti e alle auto coatte e appariscenti in pendant con i piloti. Insomma, uno script con poca carne al fuoco, compensato dal gioco di squadra di un cast di stelle che bene o male intrattiene e regala la certezza che non finisce qui, neanche questa volta. Il consiglio: rimanete seduti anche dopo i titoli di coda!
Voto 6
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
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