Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
A due anni dall’avventura a Bangkok (Una notte da leoni 2), e mentre Phil (Bradley Cooper), Stu (Ed Helms) e Doug (Justin Bartha) vivono felicemente le rispettive vite coniugali, Alan (Zack Galifianakis) è sempre più fuori di testa. Ha smesso di prendere le sue medicine e continua a compiere gesti folli senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze. In seguito alla morte di suo padre, il resto del “branco” si riunisce e, in accordo con la madre e la sorella di Alan, decide di accompagnarlo in una clinica dell’Arizona, per un periodo di riabilitazione. Ma gli imprevisti non tardano ad arrivare: un tale, Marshall (John Goodman), rapisce Doug e obbliga gli altri a dare la caccia a Mr. Chow (Ken Jeong), colpevole di avergli rubato ventuno milioni di dollari. I tre amici hanno pochi giorni di tempo, se vogliono rivedere Doug vivo.
Una manciata di gag buone non fanno un film. Né tantomeno lo fanno le aspettative di un pubblico che, dopo aver riso da matti con il primo episodio e decisamente meno col secondo, aspetta di vedere il terzo per capire se si possa o meno parlare di avvenuto riscatto. Ma esaurita nei capitoli precedenti la carta dell’hangover che dà il titolo al film in originale, (letteralmente “postumi da sbornia”), questa volta Todd Phillips mette il gruppo di protagonisti di fronte a una nuova avventura narrativamente collegata al primo episodio. Questa scelta circolare investe la pellicola sia sul piano narrativo (solo ora ci accorgiamo delle conseguenze che hanno avuto le azioni di Alan nel primo film) sia su quello geografico (i quattro amici torneranno, loro malgrado, a Las Vegas, dove tutto ebbe inizio). C’è poco di provocatorio, ancor meno di sovversivo, in questa notte da leoni. La sceneggiatura incede claudicante verso l’epilogo, regalando solo qualche rara battuta di cui ridere di gusto. Per il resto è tutto avvolto da una rigidità che non aiuta il ritmo di una commedia demenziale, genere al quale questo film dovrebbe appartenere. L’unico momento davvero riuscito di Una notte da leoni 3, interrompe bruscamente i titoli di coda (mi raccomando, rimanete seduti!): allora sì, arriva la tanto attesa valanga di risate. Peccato però che questi due esilaranti minuti di follia non siano sufficienti a far rivalutare i cento che li hanno anticipati.
Voto 6
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Stu, Doug, Alan e Phil tornano a Las Vegas. Per un epilogo meno folle di quanto ci si aspettasse.
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