World War Z

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Nell’ambito del genere horror e catastrofico il filone relativo agli zombi ha sempre suscitato un indiscutibile fascino tra il pubblico d’ogni generazione. Così, dalle ambientazioni caraibiche di alcune pellicole che proponevano il vudù come una religione misteriosa ed esoterica, ma al contempo folkloristica, e addirittura, magica – si pensi ad Agente 007 – Vivi e lascia morire (1973) – si è passati alle più singolari e spettacolari distorsioni legate al mondo dei morti-viventi, a partire dagli imitatissimi classici di George Romero La notte dei morti viventi (1968) e Zombi (1979), che al di là delle forti suggestioni visive contenevano una marcata critica al consumismo e all’omologazione, mali tipici della società di massa.



I decenni che ci separano da quelle opere ormai “paradigmatiche” se da un lato hanno consolidato alcune situazioni ricorrenti dello zombismo (come il fatto che esso si manifesti sovente come una forma epidemica inarrestabile e minacciosa per il genere umano, che non riuscirà mai del tutto a debellare), dall’altro hanno prodotto un’evidente evoluzione del significato allegorico di tale fenomeno. Nella fattispecie, in World War Z, ultima fatica di Marc Forster (Monster’s Ball, Neverland, Quantum of Solace…) in arrivo nelle sale italiane dal prossimo 27 giugno, la comparsa delle mostruose creature antropomorfe viene attribuita alle storture della globalizzazione, alla fame causata dalla mancanza di acqua, cibo, medicine, spazi vitali… Un incalzante incipit che sciorina dati sull’imminente collasso del pianeta, stressato dalla “bomba” demografica e dalla penuria delle risorse essenziali, dall’inquinamento selvaggio e dalle modificazioni del clima, dall’accentuazione dei fenomeni atmosferici ed endogeni alla sempre più frequente diffusione delle pandemie, premette la vicenda.

A questo punto pare scontato il ricorso al commento sonoro dei Muse (e chi conosce la band non si stupirà più di tanto) con il pezzo strumentale Isolated System (la piacevole Follow me è ospitata dai titoli di coda), non solo perché Matthew Bellamy e soci lo scorso 2 giugno hanno salutato con uno spettacolare concerto l’uscita londinese del film, ma specialmente perché la loro ultima realizzazione, The 2nd Law, è di fatto, almeno a giudicare dai due brani finali del disco, una sorta di concept album del tutto in linea con il prologo della pellicola. Difatti l’eclettico trio britannico difende appassionatamente la tesi che il pianeta, in quanto “sistema isolato” è destinato all’entropia. Il secondo principio della termodinamica sostiene che ogni volta che si verifica una reazione chimica si perde una certa quantità di energia, e perciò il quantitativo energetico iniziale non è più disponibile. Ergo, per l’ecosistema terrestre, non è concepibile in eterno l’idea di progresso giacché i ritmi di sviluppo attuali aumenteranno i rischi di autodistruzione.

Tratto dall’omonimo best seller di Max Brooks (figlio del mitico Mel Brooks, e di Anne Bancroft), World War Z esordisce con una teoria catastrofista poco dissimile da quella appena espressa, ma dopo le prime scene, la storia sterza decisamente in direzione di un’avvincente avventura umana finalizzata al salvataggio del mondo. E come in ogni avventura che si rispetti, epica o fantascientifica che sia, c’è sempre in gioco la vita e la dignità di un eroe. In questo caso Gerry Lane (Brad Pitt, protagonista, nonché produttore del film), un agente speciale dell’ONU che ha scelto di godersi la serenità della propria famigliola in quel di Philadelphia (location pure de L’Esercito delle 12 Scimmie, con lo stesso Pitt), nello stato della Pennsylvania (omaggio al primo film della tetralogia dei morti-viventi di Romero?). Ma un mattino, accompagnando moglie e figlie, rimane bloccato con l’auto in un ingorgo inestricabile. Immediatamente dovrà mettersi in salvo con i suoi cari per sfuggire all’assalto letale di centinaia di esseri subumani che in preda a un agente patogeno sfogano la loro furia nel cannibalismo, reiterando in pochi minuti la tremenda infezione. In breve le orde fameliche degli zombi hanno distrutto metropoli e piccoli centri, devastato interi territori, minacciando la sopravvivenza dell’intera razza umana. Tradotto dopo alcune peripezie su una portaerei sull’Atlantico, Lane dovrà lasciare al sicuro i familiari e guidare una missione impossibile che scopra le cause e le modalità di diffusione di questa malattia sconosciuta, prima che si realizzi l’Apocalisse. Dopo il superamento di prove assai pericolose tra Corea, Israele e Galles, Gerry tenterà d’individuare la chiave per bloccare la pandemia, magari attraverso un vaccino che possa consentire al genere umano di combattere efficacemente, e prevalere, nella guerra mondiale degli zombi…

In conclusione possiamo anche avventurarci a dichiarare che la produzione si appresta a vincere un’altra battaglia decisiva, quella degli incassi, perché malgrado un finale un po’ sbrigativo e una sceneggiatura scritta da troppe mani, un montaggio sottratto alla supervisione di Forster e dei costi evidentemente lievitati, World War Z conquista meritatamente l’attenzione degli spettatori con un ritmo e una suspense notevoli, specialmente nelle sequenze degli assalti di massa, con effetti visivi veramente angosciosi. Brad Pitt svolge egregiamente il suo ruolo di mattatore, ben supportato dai molti comprimari, tra i quali diversi volti noti o comunque familiari; ci si conceda di citarne almeno uno come esempio di professionalità, e anche per orgoglio di bandiera: il bravo Pierfrancesco Favino, in una parte non troppo simpatica. Alla fine, però, rimane un po’ di amaro in bocca per quello che il film avrebbe potuto essere e non è stato, e nonostante le dichiarazioni del regista, il quale, ha affermato di aver pensato ai “walking dead” come a una metafora del caos odierno, e a un’allegoria della futura sopravvivenza dell’umanità, possibile solo mediante una più decisa comunità d’intenti. Bei proponimenti, per carità, peraltro ben presentati all’inizio, tuttavia crediamo che World War Z possa restare nella memoria anche, e soprattutto, come un gradevole intrattenimento estivo.

Recensione a cura di Claudio Lugi
(PRIMAPRESS)

Voto 6

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