Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Il cinema di Ozpetek è da sempre fatto di opposti che si attraggono e storie improbabili che diventano inevitabili: è così anche per Allacciate le cinture, la storia di Elena (Smutniak) e Antonio (Arca). Lei è una borghese ribelle che abbandona gli studi per fare la cameriera, sognando insieme con l’amico Fabio (Scicchitano) un locale tutto suo. Lui è un meccanico rude e omofobo, che poco avrebbe a che spartire con lei se non fosse che il colpo di fulmine ci mette del suo e l’attrazione diventa irresistibile. Due mondi differenti che convergono sullo sfondo di una Puglia isola felice, un po’ troppo da cartolina. Le differenze sociali (e non solo) si infrangeranno contro la malattia di Elena, che porterà Antonio e l’amore che prova per lei da tredici anni in un inferno di chemioterapie e disperazione. Una storia forte, insomma, che Ozpetek racconta con la sua solita leggerezza e quel tocco di disincanto che rendono i suoi film l’ultimo baluardo del cinema dolceamaro all’italiana.
Il problema di Allacciate le cinture non è assolutamente l’ardita scelta degli attori protagonisti. Ozpetek non ha mai avuto paura di far alzare il sopracciglio agli scettici, e rendere protagonista il tronista Francesco Arca è una mossa meno ardita del previsto: il debuttante se la cava, il ruolo gli è ben cucito addosso. Kasia Smutniak non deve dimostrare più di essere un’attrice più che convincente, e i due funzionano sorprendentemente bene insieme. Il vero problema del film è la storia: Ozpetek, che qui è tornato a co-sceneggiare con Gianni Romoli (col quale aveva firmato molti dei suoi primi e più famosi lavori, da Harem Suare a Saturno contro), non riesce a mescolare sapientemente dramma e commedia, limitandosi ad alternarli distrattamente. E così, il film scorre tra momenti melò in cui il sentimentalismo sfocia in retorica, e momenti divertenti che male si incastrano con la situazione che viene narrata. Un solo esempio: da un autore come Ozpetek mai ci saremmo aspettati di vedere figure omosessuali stereotipate o forzatamente comiche, come l’amico sensibile che sa sempre dire la cosa giusta o la lesbica nevrotica. Stucchevole, a tratti più semplicemente noioso, Allacciate le cinture parte da ottime premesse per perdersi in una banalità imperdonabile.
Voto 4
Appassionato di pop a trecentosessanta gradi, ama il cinema d'evasione, l'animazione e i film che non durino più di due ore.
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