Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
In una gelida notte d’inverno Seligman (Stellan Skarsgård) rinviene, poco distante da casa sua, il corpo insanguinato di una donna in fin di vita (Charlotte Gainsbourg).
La conduce quindi nel suo appartamento e, dopo averla medicata, inizia a farle delle domande.
Joe – questo il nome della donna – gli racconta della sua bulimia sessuale, con lo scopo dichiarato di convincere Saligman di come gli eventi che l’hanno portata al loro incontro facciano di lei una “brutta persona” mentre l’uomo, dotato di una cultura enciclopedica e, per sua stessa ammissione, “asessuato”, cercherà di smontare questa tesi fornendo altre possibili chiavi di lettura (quasi tutte attinenti alla sfera dell’arte) a i racconti di solitudine e di perdizione di Joe.
Lo “scandaloso ” film di Lars Von Trier arriva finalmente nelle sale italiane (per ora in una versione priva delle tanto chiacchierate scene hard) e, una volta spogliato di tutto il pruriginoso battage che ne ha accompagnato prima la lavorazione e poi la presentazione al Festival di Berlino, si rivela essere in realtà null’altro che la summa di tutto il cinema dell’autore danese fino ad oggi.
Inutilmente diviso in due capitoli – come a voler rendere più digeribile qualcosa che non vuole essere digerito per sua stessa natura – Nymphomaniac, oltre a rappresentare il terzo atto (dopo Antichrist e Melancholia, forse i due lavori più deboli dell’intera filmografia del regista) di una trilogia sulla depressione, è l’8 e mezzo di Lars Von Trier: uno zibaldone visivo in cui le sue principali ossessioni vengono amplificate e riescono inaspettatamente a convivere in maniera più organica, e per certi versi fluida, che altrove.
Ecco quindi dolore, sensi di colpa, psicanalisi e improvvise esplosioni di violenza (psicologica prima che fisica) come se non ci fosse un domani.
La struttura narrativa è, come sempre, quella del calvario femminile e, nel ruolo della martire di turno, troviamo quella Charlotte Gainsbourg che negli ultimi anni è diventata la vera musa di Von Trier e che qui dà prova di una bravura finora espressa solo in parte e di generosità e coraggio difficili da trovare in un’attrice.
Dicevamo della natura enciclopedica dell’opera ed è in effetti davvero stupefacente la capacità con cui Lars Von Trier si autocita di continuo – quasi fosse un Tarantino scandinavo – senza mai risultare pedante o autocelebrativo.
Il gioco dei rimandi inizia già dalla scelta di affidare a Stellan Skarsgård il ruolo di depositario dei racconti di Joe in un ideale parallelo con Le onde del destino in cui lo stesso interprete (in quel caso paralizzato e qui vergine) suppliva alle mancanze fisiche attraverso l’ascolto.
Ma questa è solo una goccia in un mare di richiami che rendono questo primo atto di Nymphomaniac una vera manna per gli estimatori dell’autore.
Se Von Trier, invece che un regista, fosse un musicista questo sarebbe infatti il suo Greatest Hits, così pieno di volti noti a chi bazzica il suo mondo da tempi non sospetti (si va dal cameo dell’attore feticcio Udo Kier a Willelm Dafoe) e di tutti i topos che hanno fatto di Lars Von Trier uno dei registi più dibattuti degli ultimi vent’anni.
Visivamente ricchissimo, diviso in capitoli che coprono più o meno tutto lo spettro delle possibili devianze sessuali e accompagnato da immagini di repertorio e da veri e propri scorci di videoarte, Nymphomaniac – Volume 1, pur mostrando molto sesso, non appare mai come un’opera che abbia finalità anche solo vagamente erotiche. Al contrario, non c’è una sola scena nel film che riveli altro se non disagio e malessere.
Si avverte invece, da parte di Von Trier, un’urgenza palpabile di andare oltre il chiacchiericcio che, nel recente passato (complici anche alcune sue uscite poco felici) ha rischiato di relegarlo al ruolo di scomodo outsider e di riappropriarsi di uno status di artista con la a maiuscola. Così fa sfoggio di tutto un bagaglio culturale amabilmente europeo che trasferisce nel personaggio di Seligman (difficile trovare in un solo film riferimenti a Fibonacci, Bach e Izaac Walton) a volte in maniera anche un po’ forzata, ma si riprende ogni volta che Joe, vero alter ego di Von Trier, di fronte alle continue digressioni del suo interlocutore, cerca di riportare il discorso su un piano più fisico e, se vogliamo, concreto. E’ il modo che ha Lars Von Trier di dire agli esegeti delle doppie (ma a volte anche terze e quarte) letture che molto spesso la cosa migliore da fare sarebbe fermarsi alla prima.
E, a una prima lettura, Nymphomaniac commuove, spiazza e irrita come si suppone debba fare un film di Von Trier ma, a differenza di altre sue opere, lascia sì storditi, ma ma anche privi della fastidiosa sensazione di aver assistito ad uno sterile, per quanto abile, esercizio di stile intellettuale.
Attendiamo, ai fini di un più completo giudizio, l’uscita a fine aprile di Nymphomaniac – Volume 2, in sala dal 24 aprile.
Voto 7
Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.
Finalmente arriva nelle sale il chiacchieratissimo film di Lars Von Trier. Che di scandaloso ha davvero poco.
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