E’ un’aria da Guerra Fredda quella che si respira dentro il cinema Oktyabr’, epicentro mondano e teatro dell’epilogo del 36° Festival Cinematografico Internazionale di Mosca: l’assegnazione dei premi e il clima da festa privata sembrano quasi riportare ai tempi del Patto di Varsavia, alla demarcazione netta fra Oriente e Occidente e all’isolazionismo tutto sovietico dell’era pre-glasnost.
Colpita da sanzioni e boicottaggi di vario genere e tarata dagli imbarazzi diplomatici di oggi, la Russia risponde con un Palmares che di fatto esclude, con un’unanimità che si fatica a considerare casuale, tutta quella parte di mondo fino al 1991 in palese opposizione alla Cortina di Ferro: un po’ a sorpresa, infatti, ad aggiudicarsi il San Giorgio d’Oro è il nipponico Watashi no otoko (My Man), quarto titolo proveniente dal Sol Levante a imporsi sulla rassegna, ma solo il primo a non portare la firma del veterano Kaneto Shindo.
Si tratta senz’altro di una scelta coraggiosa che condividiamo e che ricompensa uno dei partecipanti più interessanti e impegnativi del Concorso, ma non nascondiamo che le nostre preferenze erano furiosamente indirizzate verso lo straordinario Gözümün Nuru (Eye Am), indisputabile capolavoro della selezione che arriva solo a un passo dal clamoroso bis della Turchia (l’anno scorso era stato il turno dell’ottimo Zerre) nella manifestazione della Capitale, portandosi a casa un meritatissimo San Giorgio d’Argento (che in una premiazione perfetta avremmo visto attribuito al bel Oi aisthimaties, rimasto a mani vuote) e incassando le benedizioni collaterali del NETPAC, il network per la promozione della cinematografia asiatica, e del circuito dei cineclub russi.
A tratti ingiustificata, se non per fini puramente provocatori o pubblicitari, è invece l’elezione del fenomeno locale Valeriya Gay Germanika a miglior regista della competizione, una decisione assolutamente discutibile che fa il paio con un pesantissimo Premio FIPRESCI e che sembra tenere più conto dell’aura cult-maledettistica che circonda il mondo autoriale della giovane cineasta che non l’effettivo valore della pellicola o le sue capacità nella messinscena, ancora deficitate da uno sperimentalismo acerbo e da una propensione allo scandalo che fanno solo da paravento.
Se proprio era necessario premiare lo shock, tanto valeva rivolgersi verso il crudele Hardkor disko, un film lontano dal dirsi ideale, ma diretto con notevole gusto e con molta più competenza.
Il premio per la miglior interpretazione maschile va ad arricchire il piatto di Watashi no otoko e finisce nelle mani del divo giapponese Tadanobu Asano (l’indimenticato protagonista di Tabù – Gohatto, lo Hogun dei due Thor e il futuro ispettore Zenigata dell’imminente versione live action di Lupin III), mentre a ottenere il suo corrispettivo femminile è l’ucraina Natalka Polovinka, eroina senza nome del discreto Braty – Ostannya Spovid: la designazione, in sé e per sé piuttosto sensata e soddisfacente, lascia abbastanza con l’amaro in bocca e avrebbe funzionato meglio invertendo i due sessi, riconoscendo così l’eccezionale lavoro dei “fratelli” Oleg Mosijchuk/Viktor Demertash e, soprattutto, la performance camaleontica e penetrante della lolita Fumi Nikaid?.
Considerato l’organico, per determinare il vincitore della categoria Libero pensiero sarebbe bastato pescare nel mazzo, ma la giuria riesce nel compito davvero non facile di incoronare miglior documentario il polacco Deep Love, non certo il concorrente più forte della comitiva (si pensi solo all’avvincente The Armstrong Lie, che avevamo già apprezzato e recensito a Venezia, o al grandissimo L’expérience Blocher), ma evidentemente quello che, col suo carico di retorica e di trappoloni emotivi, ha più efficacemente impressionato i giurati.
A chiudere il computo e a riassumere il discorso amaramente autoreferenziale sono il Premio per l’Insieme dell’Opera, ritirato dallo stesso Presidente di Giuria Gleb Panfilov, e il Premio Stanislavky alla Carriera Attoriale, affibbiato con invidiabile sprezzo del ridicolo alla di lui moglie Inna Churikova, oltre naturalmente al premio del pubblico, che va senza troppi sforzi (e avverando le nostre previsioni) nelle tasche del russo Vladimir Tumayev grazie al suo Belyj Yagel’, una vittoria praticamente assicurata sin dall’inizio che testimonia un certo progresso, volontario o meno, nei gusti della platea moscovita, che abbellisce la galleria degli orrori che accoglie oggi aberrazioni come Matterhorn e Magnifica presenza e che ha preferito un semplice prodotto di casa propria a programmatiche ruffianate acchiappaconsensi come La ritournelle e Alles inklusive.
Vi diamo ovviamente appuntamento al prossimo anno, con la speranza che la situazione internazionale si appiani a sufficienza da consentire al Festival di Mosca di ritornare nelle grazie del resto del mondo e vi lasciamo alle nostre pagelle.
GIORNO 1:
CONCORSO DOC: Deep Love – Jan P. Matuszynski (Polonia) – 5
CONCORSO DOC: L’Expérience Blocher – Jean-Stéphane Bron (Svizzera/Francia) – 7.5
FUORI CONCORSO: Red Army – Gabe Polsky (USA/Russia) – 7
FUORI CONCORSO: Salaud, on t’aime – Claude Lelouch (Francia) – 3
GIORNO 2:
CONCORSO: Braty: Ostannya Spovid – Victoria Trofimenko (Ucraina) – 6
FUORI CONCORSO: Timbuktu – Abderrahmane Sissako (Mauritania/Francia) – 7.5
FUORI CONCORSO: Pelo malo – Mariana Rondón (Venezuela/Argentina/Germania/Peru) – 6.5
FUORI CONCORSO: La distancia – Sergio Caballero (Spagna) – 3
GIORNO 3:
CONCORSO: La Ritournelle – Marc Fitoussi (Francia) – 4
CONCORSO: Watashi no Otoko – Kazuyoshi Kumakiri (Giappone) – 7.5
FUORI CONCORSO: Black Coal, Thin Ice – Diao Yinan (Hong Kong/Cina) – 7
FUORI CONCORSO: Aimer, boir et chanter – Alain Resnais (Francia) – 8.5
GIORNO 4:
FUORI CONCORSO: Adieu au langage – Jean-Luc Godard (Francia) – 8
CONCORSO: Hardkor Disco – Krzysztof Skonieczny (Polonia) – 7
CONCORSO: A Most Wanted Man – Anton Corbijn (Regno Unito/USA/Germania) – 6.5
GIORNO 5:
CONCORSO: Reporter – Thijs Gloger (Olanda) – 4.5
FUORI CONCORSO: Shemtkhveviti Paemnebi – Levan Koguashvili (Georgia) – 4
FUORI CONCORSO: The Salt of the Earth – Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado (Brasile/Francia/Italia) – 8
CONCORSO DOC: Web Junkie – Shosh Shlam e Hilla Medalia (Israele/USA) – 4
FUORI CONCORSO: Tore tanzt – Katrin Gebbe (Germania) – 6
GIORNO 6:
CONCORSO DOC: The Green Prince – Nadav Schirman (Israele/Germania/Regno Unito) – 6
CONCORSO: Hafsakat Esh – Amikam Kovner (Israele) – 6.5
CONCORSO: Beti and Amare – Andreas Siege (Germania) – 4
CONCORSO: Gözümün Nuru – Melik Saraço?lu e Hakk? Kurtulu? (Turchia/Francia) – 8.5
GIORNO 7:
CONCORSO DOC: Cardiopolitika – Svetlana Strelnikova (Russia) – 7
CONCORSO: Oi Aisthimaties – Nicholas Triandafyllidis (Grecia) -7
CONCORSO: Anar Haye Naras – Majid-Reza Mostafavi (Iran) – 4.5
FUORI CONCORSO: Jimmy’s Hall – Ken Loach (Regno Unito/Francia/Irlanda) – 6
GIORNO 8:
CONCORSO: Da i Da – Valeriya Gay Germanika (Russia) – 3
CONCORSO: Alles Inklusive – Doris Dörrie (Germania) – 2
CONCORSO DOC: Happiness – Thomas Balmès (Francia/Finlandia) – 6.5
CONCORSO: Traumland – Petra Volpe (Svizzera/Germania) – 6.5
GIORNO 9:
CONCORSO: Joryu Ingan – Shin Younshick (Corea del Sud) – 5.5
CONCORSO: Belyj Yagel’ – Vladimir Tumayev (Russia) – 6.5
FUORI CONCORSO: Transformers 4: L’era dell’estinzione – Michael Bay (USA) – 4
FUORI CONCORSO: Deux jours, une nuit – Jean-Pierre e Luc Dardenne (Belgio/Francia/Italia) – 9
GIORNO 10:
FUORI CONCORSO: Kreuzweg – Dietrich Brüggemann (Germania/Francia) – 8
FUORI CONCORSO: Winter Sleep – Nuri Bilge Ceylan (Turchia/Germania/Francia) – 8
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