Venezia 71 – Giorno 5

Di Andrea Bosco
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Non c’è nulla che giustifichi la presenza di un film come Loin des hommes nella maggiore sezione competitiva del più antico Festival cinematografico del mondo: nessuna “promozione” post-palmarès di qualche opera precedente – Nos retrouvailles, primo e, fino a ieri, unico episodio della carriera del regista francese David Oelhoffen, era passato pressoché sotto silenzio a Cannes60 -, nessun riferimento all’attualità che lo renda comunque un oggetto dei nostri tempi (sui presunti punti in comune fra l’attuale calderone mediorientale e la Guerra d’Algeria suggeriti da alcuni pontificatori è meglio non dire niente), ma soprattutto nessun merito artistico che spieghi perché lui sì e, problemi di tempistica a parte, tanti altri no (Malick, Anderson, Lanthimos, Sokurov, e via discorrendo).

Viggo Mortensen, David Oelhoffen e Reda Kateb

Bizzarra convergenza fra il western, il road e il buddy movie, film reso vagamente autoriale dalle sue ascendenze letterarie – nientemeno che un racconto breve di Albert Camus, L’ospiteLoin des hommes vorrebbe forse inserirsi nel solco già poco riconosciuto a Venezia del ritratto dell’Uomo di fronte alla Natura desertica (l’anno scorso fu il turno di Tracks, ma vanno ricordati anche gli altrettanto sfortunati Meek’s CutoffThe Road), ma annacqua tutto con personaggi monodimensionali. A partire da un poliglotta Viggo Mortensen pied-noir ultra-liberal e campione di umanità che nemmeno il Kevin Costner degli anni Novanta, con snodi narrativi ammuffiti (è evidente che fra il tormentato prigioniero algerino – Reda Kateb, una specie di sostituto per Tahar Rahim – e il buon professorino che gli fa involontariamente da scorta – Mortensen, per l’appunto – scatteranno subito simpatia e comprensione), e un tono retorico e declamatorio oltre il livello di guardia. Punteggiato pure dalle musiche fin troppo insistenti di Nick Cave e di Warren Ellis e con una sensibilità che emerge soltanto quando ci si affida al muto paesaggio (la notevole fotografia è del dumontiano Guillaume Deffontaines) o ai canoni classici del genere, come la bella sequenza del bordello, che pare uscita da un film di John Ford e che risolve tutto affidandosi esclusivamente a silenzi e sguardi. Né cinema civile, né cinema di genere, nonostante le discrete scene di battaglia, solo un ibrido senza la sua vera ragion d’essere.



Belluscone

Belluscone

E’ il turno poi, in Orizzonti, del Belluscone di Franco Maresco, salutato in Sala Perla dai generosi applausi di molti addetti ai lavori e capace di farci sprofondare di nuovo con inquietudine nel passato prossimo di un declino antropologico-culturale che continuiamo a illuderci di pensare superato per sempre. Pur nel consueto e per certi versi trattenuto usuale linguaggio sarcastico e sprezzante, dà l’impressione di essere il punto d’arrivo definitivo e il superamento della poetica del co-creatore di CinicoTv, stancatosi una volta per tutte dei suoi freak e del suo irrecuperabile substrato sottoproletario. Ne esce un’Italia sempre ai limiti del terzo mondo, folkloristica (anzi, flokoristica…) e pericolosamente esilarante, a cui si nega qualunque genere di riscatto, di rinascita e di speranza nei confronti di ciò che sarà.

Adam Driver e Alba Rohrwacher

Raggelante è il secondo concorrente italiano, Hungry Hearts, di Saverio Costanzo, che con il suo adattamento del breve Il bambino indaco di Massimo Franzoso spiazza e conturba senza concedere nulla a un pubblico forse accorso a fischiarlo a priori, ma ritrovatosi di fronte a sorpresa un’opera coerente, priva di compromessi e piena di coraggio (o di incoscienza). Il regista di Private non rinuncia alle insistite sfumature sinistre del suo dramma (musichette – ad opere di Nicola Piovani, luciacce colorate inquietanti, scene ad effetto) e realizza una specie di body horror viscerale di cui, dopo La solitudine dei numeri primi, il corpo esile e il viso emaciato di una straordinaria Alba Rohrwacher, qui in compagnia di un altrettanto insostituibile Adam Driver (visto in Frances Ha e in A proposito di Davis, nonché futuro villain dei prossimi capitoli di Star Wars), rappresenta la più efficace evoluzione possibile.

Saverio Costanzo, Adam Driver e Alba Rohrwacher

Saverio Costanzo, Adam Driver e Alba Rohrwacher

Forse non è un film totalmente riuscito, ma la visione di Saverio Costanzo si rivela ancora una volta unica e originalissima.

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