The Equalizer – Il Vendicatore

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Robert McCall (Denzel Washington) è un uomo all’apparenza tranquillo e abitudinario con un passato da agente nella CIA da nascondere.
Solitario e taciturno, conduce una vita dal profilo bassissimo dividendosi tra il lavoro in un grande magazzino del fai da te e l’insonnia, che lo porta ogni notte a stazionare sempre nello stesso bar, seguendo una rigida sequenza di abitudini che ne scandiscono le giornate in modo quasi metronomico.
In questo bar Robert conosce Alina (Chloë Grace Moretz), giovane prostituta russa vessata da un protettore particolarmente violento verso la quale, ben presto, sviluppa una forma di protettività quasi paterna.
Fino al giorno in cui Alina scompare e Robert si trova improvvisamente al bivio tra la saggezza che gli consiglierebbe di voltarsi da un’altra parte per tornare alla sua routine e un passato da uomo d’azione che viene a galla con violenza imponendogli di fare qualcosa.
A partire da questa difficile scelta ha inizio per l’uomo un percorso che lo porterà a scontrarsi da solo contro la mafia russa che, oltre a essere perfettamente integrata nel tessuto americano, non sopporta particolarmente di buon grado chi interferisce coi suoi affari.



Denzel Washington torna a collaborare con Antoine Fuqua, a più di dieci anni dall’ottimo Training Day, in questa trasposizione cinematografica di una serie TV anni ottanta, nota in Italia col titolo di Un giustiziere a New York. La magia però in questo caso non si ripete. Non del tutto almeno.
Fuqua è un regista che, da sempre, alterna autentiche eccellenze (il già citato Training Day, Brooklyn’s Finest) a progetti meno a fuoco (Shooter, Attacco al potere – Olympus Has Fallen), ma ha dalla sua un’indiscutibile perizia tecnica che, soprattutto quando si tratta di descrivere il realismo di certi scorci urbani, ha davvero pochi eguali.
Il primo quarto d’ora di The Equalizer, in questo senso, è esemplare. Il modo in cui la sobrietà della vita quasi eremitica del protagonista ci viene introdotta, attraverso la semplice rassegna di una serie di abitudini quotidiane, di silenzi e, in generale, la calma apparente della città di notte, hanno una fluidità e un senso dello spazio rari che sanno di Michael Mann o, per volare più bassi, di Nicolas Winding Refn.
E’ proprio al bellissimo Drive che la mente corre durante le belle dissolvenze incrociate notturne che aprono il film.

Poi la sceneggiatura prende il sopravvento sullo stile e The Equalizer si incanala sui binari più ordinari di un onesto revenge movie, certo potente da un punto di vista estetico, ma tutto sommato gravato da una pesante sensazione di già visto.
Un tipico canovaccio “uno contro tutti” che, pur navigando in altre acque rispetto all’adorabile e dichiarato citazionismo vintage de I Mercenari, può ricordare facilmente quei film di area action che, in pieno furore reaganiano, spingevano una forte idea di superomismo a stelle e strisce votato alla lotta contro qualunque tipo di minaccia esterna.
Il fatto che, proprio come in piena guerra fredda, i “nemici” siano tornati ad essere i russi, potrebbe anche non essere del tutto casuale.
Solo che, a differenza di un qualsiasi Commando o Rombo di tuono, The Equalizer può avvalersi della profondità interpretativa di un Denzel Washington maturo e crepuscolare e della mano solida di un regista come Antoine Fuqua che, coi suoi virtuosismi, sembra quasi voler sviare l’attenzione dello spettatore da certi passaggi maggiormente telefonati dello script.
E, per buona parte del film, ci riesce pure.

Voto 6

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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