La foresta di ghiaccio

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A cinque anni da Good Morning, Aman, suo primo lungometraggio su un adolescente di origine somala rifugiatosi a Roma per scampare alla guerra, Claudio Noce alza il tiro e per il suo secondo film si lascia alle spalle la città per spostarsi in montagna, ai confini con la Slovenia. E’ da qui che la storia ha inizio quando, tra le nevi, viene ritrovato il cadavere di una giovane donna originaria di Tripoli. In quello stesso momento Pietro Fanin (Domenico Diele), un giovane tecnico specializzato arriva in paese per riparare un guasto alla centrale elettrica che fornisce energia all’intera valle. Pietro stringe immediatamente amicizia con Lorenzo (Adriano Giannini), che sogna di lasciare le montagne e il clima gelido per aprire un bar in Brasile, e con Lana (Ksenija Rappoport), poliziotta slovena che si finge zoologa e che tenta di infiltrarsi all’interno del microcosmo di questo paesino per scoprire qualcosa in più sul cadavere della donna.



Presentato all’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma, La foresta di ghiaccio è un thriller fatto di indugi e di attese che mai ricompensano lo spettatore, chiamato dal regista ad armarsi di santa pazienza sin dal principio. La pellicola, girata interamente tra i boshi del Trentino, vorrebbe portare sullo schermo una storia sporca e torbida, con personaggi da noir (purtroppo solo nelle intenzioni dell’autore), con un passato da dimenticare e loschi traffici su cui indagare. Tutto è accennato, dai dialoghi alle interazioni tra i protagonisti e tu stai lì, ad aspettare che prima o poi tutti questi bisbigli sia sonori che visivi, ti portino da qualche parte: ma niente. Si salva la fotografia,  che gioca sapientemente sui contrasti offerti da paesaggi alpini che levano il fiato e che nei primi dieci minuti di visione ci aveva lasciato ben sperare;  ma di certo non è elemento sufficiente a dare consistenza a una storia tirata avanti a fatica per quasi due ore e infarcita di fastidiosi trucchetti narrativi che mirano a disorientare chi guarda e che non portano a nulla di così eclatante.
Lo spunto sì, sarà anche interessante e drammaticamente legato all’attualità (se vedrete il film capirete il perché), ma a parte la sempre brava Ksenija Rappoport – qui alle prese con un personaggio legnosetto – e un convincente Adriano Giannini (c’è anche un Emir Kusturica alle prese con una performance non pervenuta), La foresta di ghiaccio è un brodino insipido che aspira ad essere una pietanza da chef stellato. Pretenzioso senza motivo.

Voto 4

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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