Il ricco, il povero e il maggiordomo

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Fra i tanti comici televisivi nostrani che hanno attraversato palchi teatrali, studi televisivi e set cinematografici, Aldo, Giovanni e Giacomo sono senza dubbio tra i più ambiziosi e “raffinati”. Ne siamo stati convinti per molto tempo, dopo il loro esordio con il divertente Tre uomini e una gamba seguito da quelle che si sono rivelate le loro pellicole più riuscite, Così è la vita e Chiedimi se sono felice. Poi è iniziato il declino: i contenuti e le gag che, pur riprendevano da vicino i rodatissimi sketch teatrali e che avevano mantenuto comunque una loro freschezza, riuscendo a funzionare anche al cinema, hanno finito per ripetersi ad libitum, spremendo schemi sempre uguali per architettare trovate già ampiamente viste e metabolizzate dal pubblico.
Arrivati al giro di boa del loro decimo film insieme, allora, era lecito aspettarsi una rinascita, o quantomeno una ripresa di quei paradigmi che avevano funzionato così bene nei loro primi film. E invece Il ricco, il povero e il maggiordomo, che sotto Natale invaderà 600 sale della penisola, continua sulla strada delle incertezze narrative, del cabarettismo di stampo teatral-televisivo e dei cliché.



La pellicola, diretta dal trio comico e da Morgan Bertacca (già sceneggiatore de La banda dei Babbi Natale, qui al suo esordio registico) è incentrata su tre personaggi di differente estrazione sociale. Giacomo è un ricco e spregiudicato broker appassionato di golf. Giovanni interpreta il suo fido maggiordomo, con la passione per le arti marziali e la filosofia giapponese. Aldo è un venditore abusivo che vive ancora con la madre burbera e combattiva che lo tratta come un inetto. Nel tempo libero, allena una squadra di calcio composta per lo più da bambini extracomunitari. Durante una rocambolesca fuga dai vigili urbani, Aldo viene casualmente investito in auto da Giovanni e Giacomo, che lo soccorrono frettolosamente e gli offrono un risarcimento per chiudere la questione. Ma un’inaspettata debacle finanziaria colpisce la fortuna di Giacomo. Tutto è perduto: la villa, i risparmi che avrebbero consentito a Giovanni di sposarsi e i soldi per il risarcimento promesso ad Aldo.

Il fulcro attorno al quale ruotano le vicende de Il ricco, il povero e il maggiordomo, ambientato interamente a Milano, è il denaro. Che riempie la vita dell’ottuso broker milanese Giacomo, scarseggia nelle tasche del maggiordomo Giovanni e che l’umile venditore ambulante Aldo può solo sognare. Ma ci sono anche la crisi, la precarietà, l’amicizia e l’amore: temi universali che proprio in quanto tali avrebbero meritato di essere trattati con un pizzico di novità e di brio in più. La comicità pulita di Aldo Giovanni e Giacomo, divenuta celebre anche per non scadere in volgarità spicciola e in scollacciamenti vari, attraversa per lungo e per largo questa pochade meneghina fatta per lo più di gag che poggiano sulla combinazione tra i soliti caratteri del terzetto: il collerico Giacomo, l’imbranato Aldo e il milanese doc. Giovanni. Ma è come se ci fosse un alone di stanchezza sui loro volti, che inevitabilmente si ripercuote in questa storia dai contorni labili e sfocati il cui fine ultimo sembra essere la ricerca di una morale semplice e superficiale, davvero lontana dalla profondità narrativa e dallo spessore degli esordi.

Voto 5

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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