10) The Nightcrawler – Lo sciacallo (Dan Gilroy)
Potentissimo e lucido apologo sulle possibili derive della TV verità abilmente mascherato da thriller, Lo sciacallo è un Taxi Driver dei giorni nostri, in cui Travis Bickle, di fronte all’orrore circostante, non cerca più di aggiustare le cose ma le riprende con una videocamera per sfruttarne appieno il potenziale. Interpretazione della vita per Gyllenhaal.
9) Un milione di modi per morire nel West (Seth MacFarlane)
MacFarlane omaggia e rielabora il Western in maniera non dissimile da quanto fatto da Quentin Tarantino in Django Unchained e se ne esce con un gioiello di umorismo anarchico, sboccato e privo di filtri. Una sintesi perfetta tra la cattiveria dei Farrelly che furono e l’esistenzialismo indie di Judd Apatow e, senza dubbio, il film più divertente dell’anno.
8 ) Mommy (Xavier Dolan)
Il capolavoro emotivo dell’anno.
Il venticinquenne Dolan restringe (letteralmente) il campo visivo dello spettatore e lo costringe in una piccola gabbia familiare in cui il sorriso e il pianto si susseguono e si sovrappongono in modo molto simile alla vita reale.
7) Grand Budapest Hotel (Wes Anderson)
Wes Anderson ha raggiunto un tale livello di bravura che ormai quasi lo si dà per scontato, ma il suo ultimo film, elegante e decaduto come l’hotel in cui è ambientato, sposta l’asticella più in alto, andando a rappresentare un’adorabile quadratura del cerchio in cui si incrociano tutti gli elementi (sia narrativi che estetici) del suo cinema passato.
Se fosse un disco sarebbe il Greatest Hits di Wes Anderson.
6) Locke (Steven Knight)
Summa del talento di sceneggiatore di Steven Knight (qui anche regista) che riesce a non annoiare mai costruendo un dramma familiare con i ritmi serrati di un thriller e la presenza di un solo attore alla guida di un’auto, un telefono cellulare e un mondo privato che va in pezzi al di fuori dall’abitacolo. Tom Hardy immenso.
5) American Hustle (David O.Russell)
Splendido e coloratissimo saggio sul rapporto tra realtà e finzione e autentica gara di bravura tra alcuni degli attori più bravi in circolazione oggi a Hollywood, con Christian Bale un pelo davanti agli altri. Profondamente scorsesiano nella sua struttura a incastri temporali, ma innervato da una leggerezza costante che permette al piano della narrazione di non spostarsi mai dal grottesco al tragico.
4) L’amore bugiardo – Gone Girl (David Fincher)
Cinque film in uno, di cui almeno tre diversi thriller, una storia d’amore e una black comedy come non se ne vedevano da La guerra dei Roses.
Forse il film più politico di Fincher, in cui l’omaggio a Hitchcock e a Vertigo appare ben presto poco più di una scusa per parlare dell’America e del sistema dei media con lo stesso cinismo di Zodiac e The Social Network.
3) Interstellar (Christopher Nolan)
Vera opera monstre e summa concettuale di una riflessione sulla relatività iniziata da Christopher Nolan già con Memento e portata avanti (sia con The Prestige che con Inception) con rara coerenza, Interstellar rappresenta il punto di non ritorno di tutto lo sci-fi venuto dopo 2001 – Odissea nello spazio e una più che valida ipotesi per una ridefinizione del genere.
2) Lei (Spike Jonze)
Un film d’amore fatto della stessa materia dell’amore.
Spike Jonze finge di criticare le possibili derive umaniste della tecnologia e intanto firma un elogio della distanza fisica e della malinconia che è, al tempo stesso, un commovente apologo sul concetto di perdita (di sé prima che degli altri) e sul delicato processo di costruzione dei ricordi.
1) The Wolf of Wall Street (Martin Scorsese)
Tre ore di pura meraviglia.
Scorsese dimostra come l’America sia senz’altro una nazione fondata sul sangue (come già detto in Gangs of New York) ma cresciuta all’ombra dell’avidità e dell’inganno e firma così il suo miglior film dai tempi di Casinò.
Non tutti se ne sono accorti, ma The Wolf of Wall Street è una commedia nera esilarante.
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